Perché dovremmo tutti vedere “Io Capitano” di Matteo Garrone (Miglior Film e Migliore Regia ai David 2024)

"Io Capitano" è un film del 2023 diretto da Matteo Garrone: tratta, in modo mai retorico, dell'emigrazione africana verso l'Europa. E vince i premi come Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Produttore ai David di Donatello 2024

È il viaggio nella sua accezione più cruda, è il viaggio inteso come strumento di speranza e di fede, è il viaggio che insanguina i piedi e ti tiene attaccato alla vita per un filo. Letteralmente.

Io Capitano” di Matteo Garrone – Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Produttore ai David di Donatello 2024, che per un attimo ha adombrato “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi – è il racconto dell’umanità spietata che siamo ancora dopo secoli di guerre e di migrazioni e di soprusi sui più vulnerabili. È il racconto del nuovo millennio esattamente uguale al precedente.

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Girato in parte in wolof, che è la lingua del Senegal, e in parte in francese, “Io Capitano” all’80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia era già stato premiato con il Leone d’Argento alla miglior regia e con il Premio Marcello Mastroianni al miglior giovane attore emergente al giovane protagonista Seydou Sarr (oltre a 1 candidatura a Golden Globes, 2 candidature agli European Film Awards, e premio a San Sebastian. In Italia al Box Office Io Capitano ha incassato 4,7 milioni di euro).
Tiene incollati al grande schermo per due ore la storia di Seydou e Moussa, cugini appena 16enni nati e cresciuti a Dakar che custodiscono in comune il loro più grande desiderio: fare il viaggio e diventare star della musica.

Ma fare il viaggio, non lo vogliono comprendere, costa denaro e sangue e, per molti, anche la vita.

Così, attraverso scene strazianti, gli occhi e i sorrisi dei due e la gentilezza nobile di Seydou, che non vuole lasciare indietro proprio nessuno e intende salvare tutti costi quel che costi, la pellicola è un crescendo di tormento e paure.

Un viaggio che – per tutti – si traduce nell’Odissea dei giorni nostri, attraverso il deserto del Sahara, dove sono insabbiati cadaveri di quelli che non ce l’hanno fatta, le prigioni del Libano con le loro torture e il Mediterraneo. E qui, vedendo il film, ti accorgi di quanto non sai o non vuoi sapere: il mare, quel mare lì, il Mare Nostrum, è soltanto l’ultimo pezzetto di una strada infinita, l’ultimo teatro di una strage che si compie – ogni giorno – sotto ai nostri occhi.

In “Io Capitano”, insomma, le violenze e i soprusi e le urla e le lacrime non si contano, in un miscuglio di crudeltà indicibile, ma anche di umana gentilezza che fanno di questo film una pellicola necessaria, mai retorica. Tutti dovremmo vederlo, per spingerci oltre e capire un attimo di più.

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