Marina Abramović: storia e frasi della donna che ha rivoluzionato la performance art

Chi è Marina Abramović, icona da anni della performance art.

La performance art? È un sinonimo di Marina Abramović, una delle donne più eclettiche e discusse dello scenario artistico contemporaneo. Ci mette lei e molto altro nelle sue opere. Ci mette un furore violento e incondizionato, l’anima nuda e i lati oscuri di un io inconscio, ci mette quasi sempre le relazioni con il pubblico e la dicotomia corpo e mente.

Modestamente autodefinitasi “Grandmother of performance art”, la Abramovic ha inteso sin dall’inizio della sua carriera sottolineare la capacità rivoluzionaria del suo modo di esprimere la performance artistica.

In effetti, il lavoro di Marina Abramović è tipico dell’obiettivo della nuova generazione di voler evitare i materiali artistici tradizionali basati su oggetti (come la pittura e la tela) e di accorciare piuttosto le distanze tra l’artista e il pubblico, rendendo il proprio corpo un mezzo. Nata sotto la repressiva dittatura comunista della Jugoslavia e cresciuta con genitori strettamente legati al regime, le drammatiche performance della Abramović sembrano spesso risposte catartiche a queste estreme espressioni di potere.

Ha prodotto una grossa quantità di sculture, ma è ancora più famosa per le sue prestazioni e rimane una delle poche artiste della sua generazione che continua a esibirsi. Oggi, la lista redatta dalla rivista Time la classifica tra le cento persone più influenti al mondo.

Cos’è la performance art

Il pubblico è come un cane. Possono sentire immediatamente di avere paura, di essere insicuri, di non essere nel giusto stato d’animo – e se ne vanno …

Questa è la perfomance art nelle parole della stessa Marina Abramović. Artista e pubblico, nell’arte performativa, diventano una sola cosa. La performance, in pratica, è un genere in cui l’arte viene presentata “dal vivo”, di solito dallo stesso artista, ma a volte anche da collaboratori o esecutori. Ha avuto un ruolo nell’arte d’avanguardia nel corso del ventesimo secolo, giocando una parte importante nei movimenti anarchici come Futurismo e Dadaismo. La perfomance art è particolarmente fiorita negli anni ‘60, quando gli artisti cominciarono a preoccuparsi del corpo.

Più che un “oggetto artistico”, con la “performance art” si vuole creare un evento artistico, qualcosa che esiste nel momento in cui si sta svolgendo e basta, coinvolgendo il pubblico che assiste, anche a livello fisico, ma anche al chiuso di una camera con una telecamera per documentare ciò che sta avvenendo.

Nel caso di un evento di performance d’artista, tutto può essere sia già programmato sia improvvisato, l’importante è costruire l’arte in itinere.

Marina Abramović biografia

Marina Abramović è nata nel 1946 a Belgrado, in Jugoslavia, da genitori eroi nazionali all’epoca di Tito. Suo padre, Vojin, era infatti Maresciallo della Jugoslavia, il più alto grado dell’esercito popolare jugoslavo, e sua madre, Danica, era una storica dell’arte direttrice del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado, un incarico puramente politico.

Dopo che suo padre abbandona la famiglia, sua madre prende il totale controllo della ormai diciottenne Marina e di suo fratello minore, Velimir, con modi severi e talvolta violenti.

Dal 1965 al 1972 studia presso l’Accademia di Belle Arti di Belgrado e alla Radionica Krsta Hegedusic, Accademia di Belle Arti di Zagabria dal 1970 al 1972. Fu nei primi anni ‘70 che iniziò a creare arte performativa, inizialmente realizzando installazioni sonore, ma rapidamente spostandosi verso opere che coinvolgevano più direttamente il corpo. Durante questo periodo ha insegnato all’Accademia delle arti di Novi Sad (1973-1975).

Nei suoi primi lavori – che si svolgono in piccoli centri studenteschi o spazi alternativi in Jugoslavia – Abramović spesso mette in pericolo il suo corpo: assume farmaci destinati a curare la catatonia e la schizofrenia (Rhythm 2, 1974); invita gli spettatori a minacciare il suo corpo con coltelli o una pistola carica (Rhythm 0, 1974); si taglia lo stomaco con una lama di rasoio, si frusta e si sdraia su un blocco di ghiaccio (Thomas Lips, 1975).

Perché tutto ciò? Lei stessa suggerisce che l’ispirazione per questo tipo di lavoro derivasse sia dalla sua esperienza di crescere sotto la dittatura comunista di Tito, sia dal suo rapporto con sua madre:

Tutto il mio lavoro in Jugoslavia riguardava molto la ribellione, non solo contro la struttura familiare ma anche contro la struttura sociale e la struttura del sistema artistico… Tutta la mia energia proviene dal tentativo di superare questi tipi di limiti”.

Abramović ha creato questi lavori pionieristici quando la performance art era ancora una forma d’arte emergente in Europa e, fino alla metà degli anni ’70, anche poco conosciuta fuori dalla Jugoslavia. Nel 1974 viene conosciuta anche in Italia, con la sua performance Rhytm 4 esposta a Milano, nella Galleria Diagramma di Luciano Inga Pin.
Nel 1976 lascia la Jugoslavia per trasferirsi ad Amsterdam. Nello stesso anno inizia la collaborazione e la relazione con Ulay, un artista tedesco. Nel 1997 vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia con l’esecuzione, Balkan Baroque.

Il rapporto con Ulay e le loro performance

Nel 1975, ad Amsterdam, Marina incontra l’artista di origine tedesca Frank Uwe Laysiepen – più conosciuto come Ulay – e l’anno successivo va a vivere con lui. Per i successivi 12 anni, Abramović e Ulay sono collaboratori e amanti. Viaggiano attraverso l’Europa in un furgone, vivono con gli aborigeni australiani o nei monasteri buddisti tibetani dell’India e attraversano i deserti del Sahara, del Thar e del Gobi.

Tra le loro opere: Imponderabilia (1977), in cui si trovano nudi in una porta, costringendo chi entra a passare tra loro i loro corpi; Breathing In / Breathing Out (1977), in cui inspirano ed espirano dalle bocche dell’altro fino alla quasi totale mancanza di fiato; Relation in Time (1977), schiena contro schiena con i capelli legati insieme; Light / Dark (1977), in cui alternavano a vicenda i loro volti; e Nightsea Crossing (1981-1987), una performance in cui siedono in silenzio l’uno di fronte all’altra su un tavolo di legno il più a lungo possibile.

Quando Abramović e Ulay decidono di concludere la loro collaborazione artistica e le loro relazioni personali nel 1988, danno vita a The Lovers: ognuno inizia da una parte diversa a percorrere la Grande Muraglia cinese fin quando non si incontrano nel mezzo.

L’eredità di Marina e le sue opere principali

La Abramović, che si è definita “la nonna della performance art”, faceva parte dei primi esperimenti di performance art, ma ancora oggi crea nuovi lavori. È stata, e continua ad esserlo, molto influente per gli artisti più giovani. Sebbene non si sia mai riconosciuta come “femminista”, i suoi confronti con il sé fisico e il ruolo primario dato al corpo femminile hanno contribuito a classificarla anche in quella direzione.

Il suo impegno nel dare nuova vita alle opere di performance l’ha portata a creare l’Istituto per la Conservazione della Performance Art a New York, un’organizzazione non profit che sostiene l’insegnamento, la conservazione e il finanziamento della performance art. A proposito di questo Istituto, la Abramović ha detto: “Le prestazioni sono fugaci, ma questo, questo posto, è per tempo. Questo è ciò che mi lascerò indietro”.

Marina Abramović ha reso celebre il suo percorso artistico grazie al suo “Metodo Abramović” (2012), che vede la pop star Lady Gaga tra i principali sostenitori.

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Le opere

Tra le opere più celebri spicca la serie di performance dal titolo Rhythm e le serie Freeing The Body, Freeing The Memory, Freeing The Voice, messe in atto negli anni ‘70.

Come accennato prima, la serie Rhythm colpì per le violenze che l’artista infliggeva sul suo corpo: nel caso della performance Rhythm 5 (1975), per esempio, la performer si era distesa al centro di una stella in legno in una stanza data alle fiamme. L’aria divenne presto irrespirabile e Marina fu portata via priva di sensi.

Una delle opere più famose è Balkan Baroque, presentata alla Biennale di Venezia nel 1997 e premiata con il Leone D’Oro: qui la Abramović è seduta in una cantina colma di ossa bovine insanguinate e maleodoranti, che lei pulisce incessantemente per giorni dal sangue e dai vermi, cantando litanie e lamenti. Il significato? La rappresentazione nuda e cruda degli orrori della guerra dei Balcani.

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Più recente e non meno nota e The artist is present, al Moma di New York nel 2010. Durata tre mesi, la performance, che consisteva nel sedersi a un tavolo e ad avere di fronte, uno alla volta, uno spettatore, sfociò nell’incontro inaspettato con Ulay, più di 20 anni dopo il loro addio.

Marina Abramović frasi celebri

  • “Una volta, a Picasso è stato chiesto cosa significassero i suoi quadri. Disse: “Sai mai cosa stanno cantando gli uccelli? No. Ma tu li ascolti comunque. “Quindi, l’arte è importante solo per guardare”
  • “Cos’è una buona opera d’arte? È qualcosa che possiede quell’energia che ti mette in sintonia con quanto sta accadendo alle tue spalle … se prendi tutto quello che fai come una questione di vita o di morte, e sei presente al cento per cento, allora le cose accadono davvero. Meno del cento per cento non è arte degna di questo nome. È così difficile, ma è l’unico modo
  • “Perché alla fine sei davvero solo, qualunque cosa tu faccia”
  • “Qualunque sia il tuo lavoro, la cosa più importante è lo stato d’animo con cui agisci”
  • “La gente non capisce che la cosa più difficile è. fare qualcosa di molto vicino al nulla”
  • “Un artista non deve mentire a se stesso o agli altri.
    Un artista non deve rubare idee agli altri artisti.
    Un artista non deve fare compromessi con se stesso o con il mercato dell’arte.
    Un artista non deve uccidere un altro essere umano.
    Un artista non deve trasformarsi in un idolo.
    Il rapporto di un artista con la sua vita affettiva:
    Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
    Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista.
    Un artista deve evitare di innamorarsi di un altro artista”
  • “Un tavolo e due sedie. È molto semplice. Non c’è quasi niente. C’è solo l’artista che sta là come una montagna. Una roccia. E ti guarda negli occhi”
  • “È incredibile come la paura sia costruita dentro di te, dai tuoi genitori e dagli altri che ti circondano. Sei così innocente all’inizio; non lo sai”
  • “Quello che stai facendo non è importante. Ciò che è veramente importante è lo stato mentale con cui lo fai”
  • “Il tempo è un’illusione. Il tempo esiste solo quando pensiamo al passato e al futuro. Il tempo non esiste nel presente qui e ora”

Germana Carillo

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