Dove riesce a spingersi l’essere umano? La risposta sta negli scatti fotografici di Scott Typaldos e nelle sue immagini in bianco e nero che mostrano l’altra faccia dell’umanità, quella che vive in catene e a limite della sopravvivenza all’interno di un Istituto psichiatrico fatiscente.
Dove riesce a spingersi l’essere umano? La risposta sta negli scatti fotografici di Scott Typaldos e nelle sue immagini in bianco e nero che mostrano l’altra faccia dell’umanità, quella che vive in catene e a limite della sopravvivenza all’interno di un Istituto psichiatrico fatiscente.
Un lavoro di forte impatto emotivo e visivo, racchiuso nel titolo “Butterflies”, declinato in quattro volumi (fino ad adesso), che ci mette davanti alla triste realtà in cui sono costretti a vivere i pazienti di alcuni Stati, dove i manicomi esistono ancora.
Una sorta di discesa agli inferi, al confine con una realtà dove uomini, donne e bambini vivono a terra, legati o incatenati, spesso nudi e in stanze ornate solo da pareti vuote e sudice.
In questi scatti atroci si vedono i pazienti degli ospedali psichiatrici dell’ Africa Occidentale, Kosovo, Bosnia e Indonesia e proprio questo ultimo capitolo è in mostra a Roma negli spazi di Officine fotografiche.
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Senza filtri, gli sguardi assenti di queste persone racchiudono storie di tortura psichica, i loro corpi di percosse fisiche, l’ambiente mostra lo stato di abbandono in cui sopravvivono.
“L’unica cosa che potrei essere pronto ad affermare è che sono il gruppo, il sistema e la società a creare la malattia. Il tipo di malattia mentale che un Paese sviluppa è uno specchio distorto e codificato delle sue stesse disfunzioni sociali e politiche”, dice il fotografo svizzero vincitore della prima edizione de ‘Il Reportage Photojournalism Award’.
Ci sono voluti cinque lunghi anni per riuscire a documentare la vita in questi manicomi. Typaldos ha passato tre mesi in ogni ospedale, cercando ancor prima di realizzare il suo reportage, un contatto con i malati, riuscendo perfino a passare la notte con loro, momento in cui diventano più violenti e incontrollabili e vengono sedati con dosi massicce di antipsicotici dagli effetti collaterali devastanti perché obsoleti.
Un lavoro che è ancora work in progress. “Voglio continuare a viaggiare per verificare la situazione dei malati psichiatrici in tutti i continenti per poi fare un libro che racconti del mondo intero”, dice il fotografo.
Abbandonati dalle famiglie, dimenticati dalla società, i pazienti conosco bene la segregazione, la mancanza di cure e il totale abbandono. L’immagine della farfalla, scelta sta a indicare l’anelito di libertà e la fragilità dell’anima assediata dalla paura di questi uomini e di queste donne ridotti in catene dalle nostre società.
Dominella Trunfio
Foto: Scott Typaldos