Da Tiziano Terzani a Pustinia: il suono del silenzio nei libri

Tiziano Terzani, Martin Luther King, Mikhael Ainvanov, Peppino Impastato: tutte le valenze del silenzio e la sua importanza nella nostra vita (e nei libri)

Il silenzio può prendere tante forme: ad esempio quella, dolce e piena di significati, di un bacio, di una carezza ricca di sentimento.

Oppure, più drammaticamente e in direzione opposta, quella dell’omertà (“la mafia uccide, il silenzio pure”, disse un giorno Peppino Impastato) o dell’indifferenza, del disimpegno, del menefreghismo.

È qualcosa che non ha solo un rovinoso impatto sociale ma ci riguarda direttamente, singolarmente, perché “le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano”, come sottolineò Martin Luther King.

Silenzio… e silenzi

C’è poi il silenzio aggrovigliato e bruciante dell’invidioso; quello aggrovigliato e inquieto di chi non ha le idee chiare o pronto ad esplodere, dell’arrabbiato. C’è il silenzio devastante della vita che è andata, tra le macerie, sui terreni, nelle acque dei mari, sui corpi di uomini, donne, bambini vittime delle guerre, delle lotte per il potere, fuggiti e mai arrivati, mai partiti ma ugualmente morti.

E ci sono il silenzio della coscienza e della sopraffazione (nei mattatoi, nei laboratori che fanno sperimentazione animale o negli allevamenti intensivi, negli abusi su ogni realtà – umana o no – più debole) e il silenzio dello spirito, ridicolizzato e allontanato dalla quotidianità da una cultura materialista e ciecamente scientifica.

Sono silenzi fragorosi, violenti, disumani e perciò insopportabili che si cerca di confondere con il rumore della frenesia della vita moderna e le sue molteplici seduzioni e inviti all’uso, al piacere, al godimento, al raggiungimento dei “target” per soddisfare gli obiettivi; tutti in corsa verso la sostanza corposa e pesante dell’effimero, del benessere personale e della tecnologia, dei social e dell’apparire.

I 3 tipi di silenzio di Tiziano Terzani

Ad un certo punto però, per molti, arriva l’urgenza della quiete, di uno spazio senza finti rumori, di vero silenzio. Secondo Tiziano Terziani si possono sperimentare almeno tre tipi di meraviglioso silenzio: il silenzio della natura; il rimbombo della terra; la musica della sfere. Da ricercare perché senza sperimentarlo, il silenzio, non si può davvero “sentire”: “Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono così pochi. Bisognerebbe averli nelle scuole: ore dieci, lezione di silenzio. Una lezione difficile perché, sintonizzati come siamo sulla costante cacofonia della vita nelle città, non riusciamo più a «sentire» il silenzio”.

In effetti è proprio così: il silenzio è un’esperienza a cui la maggioranza delle persone oggi non è più abituata o, quantomeno, la considera un fastidioso spazio di vuoto, da riempire. Le cose però stanno cambiando: sempre di più c’è chi comincia a cercarlo: per alcuni è il concedersi delle pause nel silenzio della vita dei monaci (poiché tutto può fare business, vicino Terni c’è pure un Eremito: un hotel di lusso che nasce dal recupero di un monastero dei primi del ‘300; un posto “dove rigenerarsi ritrovando il contatto con le priorità della vita, perse di vista nel caos della quotidianità”); per altri è l’avvicinarsi a tecniche come la meditazione vipassana, anche detta – con il linguaggio della psicologia moderna – mindfulness.

silenzio nei libri1

Pustinia: le comunità del deserto

Indubbiamente è vero che, immersi nella natura, si potrà più facilmente ritrovare non solo il sapore variegato del silenzio ma anche la percezione concreta della bellezza, della spiritualità concreta che permea le cose. Se si vuole però, il silenzio lo si può ritrovare ovunque, anche a casa propria o dove ci si trova, ricavandosi un semplice “angolo” spazio-temporale, come insegna Catherine de Hueck-Doherty, che nel suo romanzo Pustinia (linkaffiliazione)(Jaca Book): è sufficiente una tenda – anche ideale, o per dirla con linguaggio 3.0, virtuale – per tagliare fuori il resto del mondo. E stare. Semplicemente stare. Nel qui ed ora del presente. Lasciando scorrere i pensieri. Ascoltando in modo nuovo.

All’inizio potrà sembrare devastante, irritante, potrà esserci dello smarrimento, la voglia di tornare indietro, uscire dalla “tenda”. Ma se si lascia andare, se si comincia a respirare “attraverso” le resistenze, le abitudini, le dissonanze, i pensieri di fuga o inutilità che emergono e le scomodità del corpo che si manifestano, allora qualcosa di nuovo può sorgere.

Il silenzio.

Mikhael Ainvanov, Il senso del silenzio

È un altro silenzio, più autentico, che con il tempo, la volontà e la pratica apre mondi: rimette in contatto con il Sè, avvicina allo Spirito. E quindi diventa spazio di cambiamento (si ritornerà necessariamente poi nel mondo con i suoi rumori ma con una diversa consapevolezza, un atteggiamento non più predatorio, consapevole della connessione tra tutte le cose). È allora che, come spiega Mikhael Ainvanov nel suo libro “Il senso del silenzio”, (linkaffiliazione), il silenzio diventa attivo, espressione di un’armonia profonda, qualità della vita interiore. Quella a cui siamo chiamati.

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