È stato inaugurato a Napoli il murales dedicato a Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino ammazzato dalla camorra 31 anni fa.
Siani che ride, la sua Olivetti, la sua Mehari, e poi frasi e citazioni di poeti e pensatori. È stato inaugurato stamattina a Napoli il murales dedicato a Giancarlo Siani, giornalista de Il Mattino ammazzato dalla camorra 31 anni fa.
Un muro stretto e lungo a raccontare una storia proprio lì, in via Romaniello, nei pressi di piazza Leonardo, nel quartiere dell’Arenella dove Giancarlo viveva e dove fu ucciso il 23 settembre del 1985. Una narrazione tagliata in 26 in frame, tanti quanti erano gli anni che aveva Siani quando fu raggiunto dai colpi di pistola di due sicari.
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Due i colori dominanti: il grigio, come quello della carta stampa, e il verde, come il colore della sua Citroen Mehari, ma anche come simbolo della speranza e della giustizia. La vernice utilizzata è una pittura naturale che, grazie all’energia della luce, trasforma gli agenti inquinanti in minerali innocui, favorendo, così, la diminuzione dell’inquinamento.
Un’autentica opera di street art curata dagli Orticanoodles (pseudonimo del duo Wally e Alita) e promossa da In Ward Osservatorio sulla creatività urbana e per la cui produzione è stata avviata nei mesi scorsi una campagna di crowdfunding. Per realizzarlo hanno scelto di utilizzare la tecnica pittorica dello #spolvero, la stessa usata anche da Michelangelo nel Cinquecento, per unire insieme tradizione e contemporaneità.
“Quel muro ha visto tutto e sa tutto, ha visto quando giocavamo a pallone e ha visto quella sera tutto, chi veniva, chi è stato fermo due ore ad aspettare Giancarlo, chi l’ha sparato. Ma quel muro adesso parla, racconta la storia di Giancarlo, racconta una sua allegria all’inizio del muro, fino ad arrivare alla sua Mehari dentro cui è stato ammazzato”. Queste le parole di Paolo Siani, fratello di Giancarlo, che dal 1985 non si è fermato un attimo per riuscire a mantenere vivi quella stessa passione e quello stesso impegno contro la malavita che animavano suo fratello.
Durante l’Università, Giancarlo fondò insieme con altri giovani giornalisti il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione (M.D.D.I.), scrisse i suoi primi articoli per il mensile “Il Lavoro nel Sud”, testata dell’organizzazione sindacale Cisl, e in seguito iniziò la sua collaborazione come corrispondente da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli. Fu da lì che Giancarlo risultò particolarmente “scomodo” ai clan, perché cominciò a interessarsi di cronaca nera, di camorra e degli intrecci tra politica e criminalità organizzata, scoprendo una serie di connivenze.
Scomodo, raccontava troppo, denunciava e non stava zitto, Giancarlo. Ed è così che la sera del 23 settembre del 1985, i killer lo aspettano sotto casa e lo ammazzano. Pochi minuti e la Napoli degli anni ’80 si tinge, per l’ennesima volta, del rosso di un sangue innocente. Una sentenza passata in giudicato nel 2000 stabilì che ad uccidere il giornalista napoletano siano stati gli affiliati del clan Nuvoletta (Lorenzo Nuvoletta è diventato poi noto ai più per aver sciolto nell’acido alcuni suoi “nemici”). 15 anni per arrivare a questa verità processuale, tra troppe viuzze sgradite nelle indagini, false piste e identificazioni confuse.
Ma un po’ ce l’abbiamo fatta a riscattare Napoli. Oggi Giancarlo ancora vive nei ricordi di una città che vuole farcela e nella incessante attività di suo fratello, Paolo Siani, che ha messo su una importante rete con la Fondazione Pol.i.s. di riutilizzo dei beni confiscati e di aiuto alle vittime innocenti della criminalità.
“È il primo murale che dedichiamo a una vittima innocente della criminalità – conclude Paolo Siani. In Campania si contano oltre 300 vittime innocenti, che non c’entrano niente con la camorra, uccise per sbaglio o per volontà. E allora abbiamo pensato di fare altri murales, cioè rendere visibile a tutto il luogo in cui una persona è stata uccisa ingiustamente”.
Un altro modo per ricordare e andare avanti e dare dignità a Napoli.
Qui sotto trovate lo spezzone finale di un film davvero bello, Fortàpasc, del 2009 di Marco Risi:
“La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno” – Alda Merini
Germana Carillo
La foto del murales è di Riccardo Siano