A Napoli spunta il murales di Jorit per George Floyd, un monito contro il razzismo

Un graffito con 5 volti: Lenin, Luther King, Malcom X, Angela Davis e Floyd. Joirt per la prima volta mette insieme 5 personaggi contro il razzismo

Cinque volti, uno dopo l’altro, a ricordare che il razzismo è roba da sradicare dalla cultura di troppa gente. Contro l’intolleranza e verso l’integrazione da tempo anche la street art dice la sua e oggi lo fa attraverso l’artista urbano Jorit che sui tetti di Barra, periferia est della sua Napoli, ha voluto rimarcare l’orrore dell’uccisione dell’afroamericano George Floyd.

Un bellissimo graffito con 5 volti: Lenin, Martin Luther King, Malcom X, Angela Davis e lo stesso Floyd. Lo street artist italo olandese per la prima volta mette insieme 5 personaggi in un’unica opera, realizzata su un edificio del rione Bisignano.

Da Ponticelli al bimbo migrante di Palma Campania, dal centro storico del capoluogo partenopeo con San Gennaro fino al volto di Pasolini a Scampia accanto al quale ha dipinto a suo tempo proprio il volto di Angela Davis, passando per Maradona e Ilaria Cucchi, Jorit con le sue opere incoraggia al dibattito, alla memoria, alla giustizia, all’uguaglianza, e questa volta lo fa col suo “Time to change the world”. È l’ora di cambiarlo, questo mondo.

Il nuovo murale di Jorit porta una novità: George Floyd è ripreso al centro, frontalmente, con lacrime rosse che scendono sulle guance invece dei segni tribali che caratterizzano tutti i graffiti dell’artista, che vuole così indicare l’appartenenza alla tribù umana. Martin Luther King e Malcom X sono ritratti di profilo, Lenin e Davis girati di tre quarti.

https://www.greenme.it/lifestyle/costume-e-societa/martin-luther-king-storia-frasi/

Nel post sui social, Jorit usa le parole di Roberto Vallepiano:

Per favore, per favore, non riesco a respirare. Per favore amico, per favore… Non posso respirare. Non posso respirare… Per favore, non riesco a respirare, agente… Non riesco a respirare… Non uccidetemi, vi prego!”
Queste le ultime parole di #GeorgeFloyd, un lavoratore afroamericano di 46 anni che viveva in un sobborgo di #Minneapolis e lavorava in un ristorante chiuso a marzo a causa del lockdown.
Le sue tragiche parole in punto di morte: “I can’t breathe”, “Non posso respirare”, sono diventate il testamento politico di decine di migliaia di persone scese in piazza negli USA da ieri contro l’ennesimo omicidio impunito di un sistema feroce e spietato contro i più deboli”.

Fonte: Jorit Facebook

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram