La foto celebre di Einstein con la linguaccia: perché si prestò a posare per un ritratto decisamente fuori dal comune per quegli anni?
Capelli scompigliati, occhi vispi e la (celeberrima) linguaccia: quell’immagine di Albert Einstein, quella stranota che oggi ci ritroviamo anche su gadget e roba simile, ha in realtà dietro un vero e proprio aneddoto. In effetti, una domanda ci siamo sempre posti: perché un personaggio così autorevole della scienza si prestò a posare per un ritratto decisamente fuori dal comune per quegli anni?
La storia di quella foto va ben oltre l’idea di “scienziato pazzo” che sembra suggerire. Fu scattata nel 1951, per puro caso, e nel 2017 ne è andata all’asta una copia autografata per la cifra record di 106mila euro.
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Il padre della teoria della relatività mostra in un nanosecondo la lingua al fotografo Arthur Sasse. Ed è subito storia.
Con ogni probabilità, questo ritratto di Albert Einstein è in realtà il risultato di una sorprendente combinazione di circostanze: era il 14 marzo 1951 quando il fisico tedesco festeggiò il suo 72esimo compleanno in un club vicino alla Princeton University, nello stato del New Jersey.
Seguito per tutta la giornata da una serie di giornalisti, il vecchio venne mitragliato all’uscita dalla festa dai flash di numerose macchine fotografiche. Visibilmente stanco, tenta di far capire a Sasse – che cercò di immortalarlo mentre entrava in auto con Frank Aydelotte, direttore dell’Institute for Advanced Study, e sua moglie – che non era più il caso di scattare foto. E così gli mostrò la lingua.
Ripreso in quel piccolissimo frangente, lo scatto – ripreso anche da un dipendente dell’agenzia di stampa americana “United Press International” – fu rapidamente trasmessa a centinaia di testate. E da allora è ancora quella più conosciuta.
Immortalato suo malgrado in questa postura inelegante, Albert Einstein non negherà questo ritratto. Anzi, parlando del famoso scatto, il fisico dirà addirittura di aver “rivelato bene il [suo] comportamento” e di aver rappresentato quella che in fondo era la sua profonda insubordinazione. E genialità incontrastata.
Due anni dopo ne acquistò nove copie da inviare agli amici e nel retro di una di queste, indirizzata a Howard K. Smith, scrisse:
Questo gesto vi piace, perché si rivolge a tutta l’umanità. Un civile può permettersi di fare ciò che non oserebbe un diplomatico. Il vostro fedele e riconoscente ascoltatore.
(Albert Einstein ’53)
Fonte: Lomography
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