Festival di Venezia: Hungry Hearts, il film che offende vegani e biologico? (VIDEO)

I vegani sono ortoressici, ovvero di essere affetti da una patologia mentale che porta le persone a controllare il cibo e il suo consumo. È questo uno dei messaggi che è possibile cogliere da Hungry Hearts, il film di Saverio Costanzo in concorso a Venezia 71, tratto dal libro 'Il bambino indaco' di Marco Franzoso (Einaudi), che certamente non piacerà a tutti coloro che hanno a cuore la propria alimentazione e il proprio Pianeta

I vegani sono ortoressici, ovvero di essere affetti da una patologia mentale che porta le persone a controllare il cibo e il suo consumo. È questo uno dei messaggi che è possibile cogliere da Hungry Hearts, il film di Saverio Costanzo in concorso a Venezia 71, tratto dal libro ‘Il bambino indaco’ di Marco Franzoso (Einaudi), che certamente non piacerà a tutti coloro che hanno a cuore la propria alimentazione e il proprio Pianeta.

Il film racconta la storia di Mina, interpretata da Alba Rohrwacher, una mamma convinta che il suo sarà un figlio speciale da proteggere da ogni impurità. Inizierà quindi a coltivare ortaggi bio sul terrazzo di casa, a non farlo uscire per mesi e a imporgli ossessive regole alimentari che ne impediscono la regolare crescita. Niente medicine tradizionali, niente carne e derivati animali, solo cibo biologico e autoprodotto. Il padre Jude (Adam Driver) decide di opporsi e porta il bambino di nascosto da un medico, che mette in evidenza la gravità della situazione.

Da qui si sviluppa tutta la vicenda, che vede una coppia divisa dall’ossessione per l’alimentazione non contaminata, oltre che vegana, della moglie, vittima di ossessioni nutrizionistiche. “Non giudico questi genitori, li guardo con dolcezza e tenerezza, attraverso loro io stesso mi sono riflesso come padre con meno severità e più passione, è stato catartico”, ha detto il regista, ribadendo di essersi voluto limitare a descrivere la storia di questi personaggi senza giudizio e senza prendere posizioni.

Di certo a essere messe in luce sono le difficoltà della genitorialità e sui rischi a cui può portare l’amore assoluto se usato male. Allo stesso tempo, però, sul mondo in cui precipita Mina, Costanzo ha spiegato:

Noi percepiamo il mondo fuori come tossico nella sua totalità, ma questo è un discorso sociologico molto generico; personalmente sul tema della nutrizione ho adottato un punto di vista molto “laico”: amo anche il Big Mac e porto una volta al mese i miei figli da McDonald’s. Chi fa scelte radicali diventa sordo, e l’ideologia di qualunque tipo ha ucciso milioni di persone. Bisogna avere a cuore la nostra vita“.

Peccato, però, che non stiamo più parlando solo dell’aspetto psicologico di un personaggio, ma di un messaggio che può venire recepito in maniera sbagliata e dannosa, che può essere strumentalizzato da chi da sempre è in lotta contro l’alimentazione vegana, il biologico e l’autoproduzione. Scelte di vita, queste, che invece oggi più che mai avrebbero bisogno di essere sostenute, anche sui grandi schermi.

Lo scrive a chiare lettere anche il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri, in una lettera aperta al regista:

“Definire i vegani ortoressici, oltre a causare un danno gravissimo in termini di misinformazione, è evidentemente un grave ed insensato attacco a chi sceglie di non uccidere e di difendere il Pianeta. Probabilmente anche tra i vegani ci saranno persone ortoressiche, così come tra gli onnivori, ma questa patologia è a prescindere dal veganismo. Le accuse che si rivolgono ai vegani sono quelle di controllare il cibo e di essere affetti da un disturbo dell’alimentazione che ha origini mentali. Questo è il punto – prosegue Ferri -. Ma la informo, in primis, che gli animali non sono cibo. Sono esseri viventi capaci di soffrire, gioire, provare empatia e compassione e finanche cordoglio. Sono creature che vivono intensamente le relazioni sociali e i rapporti con la prole, come ha dimostrato la scienza. Viene quindi da chiedersi con quale superficialità, e neanche troppo velata malafede, si possa ricondurre una scelta dal così alto valore etico, empatico e di compassione, ad una patologia mentale. O è patologia mentale quella delle persone che imprigionano gli animali, li sottopongono a cicli vitali alterati in funzione della produzione e li uccidono quando sono coscienti?!“.

Bisogna dare atto al regista che è certamente vero che qualsiasi cosa portata all’estremo e al fondamentalismo possa diventare patologica. Purtroppo, però, il problema resta la strumentalizzazione che ne deriva, proprio come sta avvenendo su alcune pagine social dedicate alla caccia e contro i vegani, consentendo ancora una volta, come spiega la Ferri, che l’ignoranza vinca sulla consapevolezza e il rispetto.

Roberta Ragni

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