Dimenticate le immagini di animali felici e liberi nei campi. Anche l'Italia ha il suo 'Farmageddon', per quanto la situazione venga dipinta migliore rispetto all'estero
Dimenticate le immagini di animali felici e liberi nei campi. Anche l’Italia ha il suo ‘Farmageddon’. 60 milioni di italiani condividono il loro territorio con 136 milioni di polli, 8.7 milioni di suini, 6.1 milioni di bovini, 73.5 milioni di conigli e 25.2 milioni di tacchini.
Oltre il 50% dei cereali prodotti in Italia è utilizzato per nutrire gli animali. Il 36% del terreno finalizzato alla coltivazione dei cereali è utilizzato per nutrire gli animali. Il 71% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli animali.
Sono questi alcuni dei numeri dell’allevamento intensivo in Italia, che oltre ad essere la prima causa di crudeltà sugli animali, ha impatti devastanti su salute pubblica e ambiente. E non risolve la crisi alimentare globale ma, al contrario, contribuisce ad aggravarla.
Sapevate, ad esempio, che l’Italia è il terzo maggiore utilizzatore di antibiotici negli animali da allevamento in Europa (dopo Spagna e Germania), più alto di quello effettuato da altri paesi di simili dimensioni (il doppio della Francia, il triplo del Regno Unito)? E che solo gli allevamenti di suini, ogni giorno, producono 52mila tonnellate di letame, potenzialmente nocivo per l’ambiente?
Farmageddon scritto da Philip Lymbery, Direttore di CIWF (Compassion in World Farming) International – insieme a Isabel Oakeshott, giornalista del Sunday Times, è il frutto di un viaggio-inchiesta di tre anni in diversi paesi tra cui Cina, Perù, Argentina, Stati Uniti e Francia, per indagare gli impatti degli allevamenti intensivi. Viene pubblicato ora in Italia, dove, per quanto la situazione venga dipinta migliore rispetto all’estero, il modello zootecnico intensivo domina indiscusso.
“Con Farmageddon – dichiara Philip Lymbery – ho tolto il velo ad un sistema che fa sì che le persone finiscano per nutrire i loro figli con cibo malsano, che depaupera la natura della vita selvatica e spreca grandi quantità di cibo. Ma cambiare è ancora possibile e tutti possiamo essere parte della soluzione. I governi, ad esempio, possono decidere di supportare una produzione che riporti gli animali nelle fattorie invece che rinchiuderli negli allevamenti intensivi. Consentire ai ruminanti come le vacche di pascolare farebbe sì che il cibo derivasse da qualcosa di non commestibile per le persone. Invece, nutrire le vacche con grano e soia come si fa ora è uno spreco di cibo. I consumatori rivestono un ruolo fondamentale: essi possono fare la differenza per ben tre volte al giorno, ad ogni pasto, tramite l’acquisto di prodotti derivati da animali cresciuti sui pascoli, all’aperto”.
Vengono così svelati i segreti nascosti dietro la carne che viene venduta a buon mercato e propone soluzioni per evitare l’apocalissi (Armageddon) derivante dall’agricoltura (farm) intensiva: il diffondersi incontrollato delle malattie, una velocissima perdita di biodiversità e una crisi alimentare che minaccerebbe seriamente la vita di miliardi di persone.
Gli animali da allevamento, loro malgrado, sono diventati nostri concorrenti alimentari: cereali e soia che potrebbero nutrire miliardi di persone vengono utilizzati come mangime animale. Tonnellate di pesce di piccola taglia vengono destinati allo stesso scopo, sotto forma di farina di pesce. L’uso di antibiotici, come detto, è massiccio – senza di essi gli animali, costretti negli allevamenti al limite delle loro capacità fisiologiche, morirebbero. Ma questo porta allo sviluppo di batteri antibioticoresistenti che minacciano gravemente la salute umana così come già denunciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
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Anche l’ambiente paga un caro prezzo con l’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, causato dallo smaltimento del letame di milioni e milioni di animali. A cui si aggiungono la deforestazione crescente e l’abuso di pesticidi connessi alla monocoltura della soia, spesso OGM, utilizzata come mangime per gli animali da allevamento. Siamo sicuri di voler contribuire a tutto questo? La rivoluzione e il cambiamento parte dal nostro piatto…
Roberta Ragni
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