Un team di ricercatori svela la turbolenza nascosta nel capolavoro di Vincent van Gogh "Notte Stellata", dimostrando l'incredibile precisione scientifica nelle pennellate dell'artista olandese
Il celebre dipinto “Notte Stellata” di Vincent van Gogh continua a stupire non solo gli amanti dell’arte, ma anche la comunità scientifica. Le pennellate dinamiche e fluide che l’artista utilizzò per rappresentare il cielo sembrano non essere solo una scelta estetica, ma una rappresentazione precisa di fenomeni fisici che governano l’atmosfera. È quasi come se l’artista avesse catturato, con il suo istinto, la struttura invisibile del vento e delle correnti del cielo, rendendole visibili attraverso la sua arte.
Un gruppo di ricercatori esperti in dinamica dei fluidi ha deciso di andare oltre la superficie del quadro, cercando di capire se quei vortici così vividi che dominano il cielo notturno abbiano qualcosa a che fare con la fisica reale. Il risultato? Le pennellate di van Gogh sembrano nascondere una rappresentazione sorprendentemente accurata della turbolenza atmosferica, un fenomeno che solitamente si studia in laboratorio o con complessi modelli matematici, non certo su una tela del 1889.
Talento innato
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Physics of Fluids, i movimenti che van Gogh ha dipinto nel cielo di “Notte Stellata” rispecchiano le leggi fisiche che governano il comportamento dei fluidi in movimento. Secondo Yongxiang Huang, uno degli autori dello studio, la dimensione delle pennellate gioca un ruolo chiave.
Utilizzando immagini digitali ad alta risoluzione del dipinto, i ricercatori hanno analizzato la forma e la dimensione delle pennellate, scoprendo che queste seguono la cosiddetta “cascata di energia” descritta dalla legge di Kolmogorov. In pratica, van Gogh ha dipinto il cielo come se fosse un fluido in movimento, dove l’energia passa dalle grandi correnti atmosferiche a quelle più piccole, proprio come avviene nella realtà, come spiegato dallo stesso dottor Huang:
La rappresentazione precisa della turbolenza di van Gogh potrebbe derivare dallo studio del movimento delle nuvole e dell’atmosfera o da un innato senso di come catturare il dinamismo del cielo.
Proprio così: van Gogh non era certo uno scienziato, eppure sembra aver colto con una precisione quasi incredibile qualcosa che persino i fisici trovano difficile da spiegare. L’artista, attraverso il suo istinto e la sua sensibilità, potrebbe aver rappresentato i vortici e le correnti del cielo come se avesse una comprensione intuitiva dei principi che regolano la turbolenza. Un’abilità innata che, oggi, affascina non solo gli ammiratori della sua arte, ma anche coloro che si occupano di studiare i complessi movimenti dell’atmosfera.
Una nuova definizione di turbolenza?
Ma c’è di più. Le pennellate di van Gogh non solo sembrano allinearsi con la scala di Kolmogorov, ma anche con la scala di Batchelor, che descrive le turbolenze a piccola scala. Questo ha spinto i ricercatori a chiedersi se non sia arrivato il momento di rivedere il concetto stesso di turbolenza, allargandolo a fenomeni meno convenzionali. Insomma, forse van Gogh non si limitava a dipingere un cielo stellato, ma stava inconsapevolmente “dipingendo” la scienza.
È quasi come se attraverso i suoi colori e i suoi vortici, van Gogh avesse dato vita a qualcosa di invisibile a occhio nudo, rendendolo visibile su tela. Non solo emozioni, ma anche la fisica del mondo naturale. Una sintesi perfetta di arte e scienza, dove l’una arricchisce l’altra e ci fa riflettere su quanto, a volte, la bellezza possa davvero spiegare il funzionamento delle cose molto meglio di mille formule.
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Fonte: Physics of Fluids (AIP)
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