La storia di Bolewa Sabour, un coreografo franco-congolese che sostiene le donne che hanno subito stupri e aggressioni sessuali attraverso la danza
Danzare per restituire una dignità alle donne vittime di violenze. Lui è Bolewa Sabourin, un coreografo franco-congolese che si è dato una missione: sostenere coloro che hanno subito stupri e aggressioni sessuali attraverso l’uso della danza, vista come potente strumento per superare gli ostacoli e riappropriarsi del proprio corpo. Lo fa in Francia come in Congo, sua terra madre.
Nato a Parigi da padre congolese, insegnante di danza, e da madre francese, appena 34 anni fa, la sua storia è fatta di caos e poca armonia, come spiega lo stesso Bolewa: suo padre lo rispedì appena nato nella Repubblica Democratica del Congo per farlo crescere con sua nonna, ma le tensioni politiche del Paese lo riportarono nella capitale francese all’età di sei anni.
“A quel punto dovetti imparare a vivere in un contesto diverso dalla realtà che conoscevo, cercando modi per mantenere la sua identità incorporando nuovi codici”.
E lo ha fatto nel migliore dei modi. Il suo impegno lo ha portato a partecipare attivamente a gruppi sociali come Stop le Contrôle au Faciès e Jeudi Noir, entrambi coinvolti in azioni per affrontare gli abusi della polizia. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche alla Sorbona di Parigi, ma Bolewa Sabourin è sempre stato convinto solo di una cosa: l’unica forma di resilienza che consente di essere se stessi è la danza.
Ed è per questo che negli ultimi tre anni si è dedicato alle donne vittime di violenza sessuale tentando di offrire loro una sorta di terapia attraverso la danza e incorporandola come mezzo e strumento per riappropriarsi dei corpi.
Da questa idea è nato Re-création, uno dei progetti promossi dall’associazione di cui è co-fondatore, mentre risale al più lontano 2008 l’idea, avuta con il suo amico William Njaboum, di Loba (“Esprimi te stesso”, in lingua lingala), per mettere la danza al servizio delle persone.
Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), lo stupro viene utilizzato come arma di guerra, per far fuggire le persone e saccheggiare così la ricchezza di minerali, tra cui Coltan, un minerale essenziale nella produzione dei nostri telefoni cellulari, si legge sul sito.
Il progetto di ricostruzione creato da LOBA ha fatto in modo di utilizzare proprio l’arte della danza come strumento di mobilitazione contro lo stupro come arma di guerra e violenza contro le donne, nonché per accompagnare le sopravvissute attraverso un percorso di ballo come terapia.
Il progetto ha luogo sia nella Repubblica Democratica del Congo che in Francia. In Francia, Re-Création mette in piedi un protocollo di cura della danza vista come strumento di emancipazione e di espressione che consente alle persone che hanno subito violenza di esternare i propri traumi e di liberarsi. Qui Bolewa lavora soprattutto con due associazioni: Ikambére, che aiuta le donne affette da HIV, e PluriElle Hospital, che sostiene le donne tra i 18 e i 25 anni che hanno subito un trauma.
Quanto alla Repubblica Democratica del Congo (RDC), la danza offre a una donna che ha subito violenza un modo per combattere il dominio maschile:
“Il corpo è sempre stato lo strumento del dominio patriarcale, per eccellenza, ovunque ci si trovi nel mondo. È sempre passato attraverso il corpo. Abbiamo reso naturale il dominio parlando di ‘sesso forte’, perché gli uomini hanno muscoli e testosterone, e ‘sesso debole’ quando parliamo di donne”, spiega Bolewa, che ha visto da vicino un Paese dove le varie pratiche di mutilazione e l’inibizione delle norme sociali sono state anche mezzi per mantenere quello stesso dominio.
“Più donne hanno trovato il modo di dimostrare la propria umanità, più noi, uomini, abbiamo trovato modi fisici per costringerle a rimanere sotto questo dominio. Quindi, per noi, la riappropriazione del corpo è un passo essenziale nella riappropriazione della storia delle donne”.
Stuprare una donna significa distruggerla, aiutarla a recuperare fiducia è un atto dovuto. Bravo Bolewa e quanti come te lottano per riaffermare i diritti di ogni singolo individuo.
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Fonte: Bolewa Sabourin
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