Scoperta in Baviera la pietra tombale di una nobildonna tedesca che si dice abbia ispirato la fiaba di Biancaneve. La sua storia, però, non è affatto a lieto fine. Impressionati sono i richiami e i riferimenti tra i fatti realmente accaduti in Germania e la nota fiaba dei fratelli Grimm diventata poi un capolavoro Disney.
Scoperta in Baviera la pietra tombale di una nobildonna tedesca che si dice abbia ispirato la fiaba di Biancaneve. La sua storia, però, non è affatto a lieto fine. Impressionati sono i richiami e i riferimenti tra i fatti realmente accaduti in Germania e la nota fiaba dei fratelli Grimm, diventata poi un capolavoro Disney.
La nobildonna in questione è Maria Sophia von Erthal, sorella del potente arcivescovo di Magonza, cresciuta in un castello a Lohr am Main, città medievale che sorge in una regione densamente boscosa della Germania centrale, conosciuta come Spessart.
La sua storia è tornata in questi giorni alla ribalta in quanto è stata rinvenuta la sua lapide, ora restaurata ed esposta al museo diocesano di Bamberga.
Come mai ci interessa tanto la storia di questa donna del XVIII secolo? Per gli interessanti parallelismi con quella di Biancaneve…
La vera storia di Biancaneve
C’era una volta una donna ricca di nome Maria Sophia von Erthal. Nata nel 1725 e cresciuta nel castello della città tedesca medievale di Lohr am Main (oggi museo), Maria Sophia era una baronessa e sorella dell’arcivescovo di Magonza.
Nessuno si sarebbe mai ricordato di lei se non fosse che Jacob e Wilhelm Grimm (i fratelli Grimm) nel 19° secolo presero probabilmente ispirazione dalla sua storia (ci sono anche altre teorie sulla nascita di questa favola) per scrivere una delle fiabe più amate dai bambini: Biancaneve!
Maria Sophia era dotata di grande bellezza. Perse la madre quando era ancora adolescente ma le rimaneva suo padre, un uomo estremamente buono. Si diceva infatti che avesse aiutato molte persone povere e sfortunate della zona, compresi i bambini che lavoravano nelle miniere dei distretti vicini e gli uomini di bassa statura (venivano selezionati così perché più adatti ad entrare negli stretti cunicoli delle miniere). Vi ricordano qualcuno? Sì ovviamente è da loro che prendono ispirazione i 7 nani.
Una miniera in disuso al di fuori di Lohr am Main può essere raggiunta attraversando sette colline, anch’esse menzionate nella favola, mentre la foresta di cui si parla nel libro è la stessa Spessart.
Alla morte della prima moglie, Von Erthal si risposò con Claudia Elisabeth Maria von Venningen, donna autoritaria che si diceva favorisse i propri figli a quelli del suo nuovo marito, proprio come faceva la malvagia matrigna del racconto di Biancaneve.
Come se ciò non bastasse, il padre possedeva una fabbrica di specchi e su uno di questi, attualmente ospitato nel Museo Spessart di Lohr am Main, c’erano incise le parole “amour propre” o “orgoglio” in francese, da qui probabilmente l’ispirazione per lo specchio che indica chi è la più bella del reame!
Insomma nella vera storia di Maria Sophia, lo specchio sul muro non poteva parlare, i nani probabilmente erano solo bambini costretti a lavorare e sempre sporchi e, botta finale, il principe azzurro non è mai arrivato a salvarla (la donna infatti non si sposò mai).
Purtroppo, invece, la matrigna è esistita davvero in tutto e per tutto, anche se ovviamente è improbabile che le abbia offerto una mela avvelenata!
Questa notizia ci smonta la storia di Biancaneve che tutti conosciamo e, purtroppo, non ha un finale altrettanto lieto e romantico di quello della fiaba.
Maria Sophia von Erthal divento infatti cieca in gioventù e morì sola all’età di 71 anni, in un monastero a Bamberga (quindi lontana da casa).
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Francesca Biagioli