L'11 gennaio del 1999 ci lasciava il cantautore genovese Fabrizio De André, ma le sue struggenti canzoni - attraverso le quali ha saputo dare voce ai poveri ed emarginati - resteranno immortali
Con delicatezza e ironia, ha saputo raccontare la bellezza ma anche le fragilità e la sofferenza dell’umanità. Fabrizio De André ci ha regalato canzoni senza tempo, in grado di toccare le corde di ogni cuore. Delle vere e proprie poesie, spesso dal restrogusto amaro com’è in fondo, in tanti casi, la nostra vita.
Sono trascorsi 25 anni dalla morte del cantautore genovese, che tanti amavano chiamare con l’appellativo di Faber, affibiatogli dall’amico Paolo Villaggio (in riferimento alla sua predilezione per i pastelli della Faber-Castell, oltre che per l’assonanza con il suo nome). De André ci ha lasciati l’11 gennaio del 1999 a soli 58 anni, a causa di un tumore ai polmoni, che gli era stato diagnosticato appena qualche mese prima.
Le sue toccanti canzoni, però, l’hanno reso immortale. Nel corso dei suoi 40 anni di carriera De André ha inciso ben quattordici album. La musica per Faber era linfa vitale, un amore che lo aveva portato ad abbandonare l’università, a sei esami dalla laurea, e che ha condiviso con la sua compagna di vita Dori Ghezzi (con la quale fu anche vittima di un rapimento nel 1979 in Sardegna).
La musica come strumento di riscatto scociale
De André è entrato nella storia della musica italiana per i suoi brani indimenticabili, di cui sono spesso protagonisti personaggi dimenticati, che vivono ai margini della società. Basti pensare al capolavoro “Via del campo”, ambientata in una delle strade all’epoca più degradate di Genova e che vede come protagonista una prostituta che attende tutta la notte i suoi clienti, ma anche una bambina povera.
Questo brano custodisce uno dei versi più celebri di Faber: dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior; una frase che è un invito a riscoprire la bellezza più auntentica della vita, che si trova nelle cose più semplici e umili.
Un altro celebre riferimento alla condizione delle prostitute si trova nella meravigliosa canzone dal titolo “Bocca di rosa”. Attraverso la sua voce, De André ha saputo resitituire dignità e importanza agli ultimi, motivo per cui ancora oggi chiamato il poeta degli sconfitti.
Per De André la musica è stata anche un potente strumento di denuncia contro le ingiustizie e la corruzione. Ne è un esempio il famoso brano “Don Raffaè”, metafora della situazione critica delle carceri italiane negli anni Ottanta e della sottomissione dello Stato alla criminalità organizzata.
Ma nei suoi brani c’è spesso spazio per un invito alla solidarietà, unica ancora di salvezza in una società dove predomina l’egoismo. Ne “Il Pescatore”, davanti agli “occhi enormi di paura”di un assassino in fuga, un uomo che vive di pesca non esita ad offrirgli il pane e il vino, senza fermarsi a giudicarlo per il crimine che ha commesso:
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
Non si guardò neppure intorno
Ma versò il vino e spezzò il pane
Per chi diceva ho sete e ho fame
Faber ci ha consegnato un mondo di personaggi e aneddotti che hanno qualcosa da insegnare ad ognuno di noi. Uno straordinario patrimonio musicale di cui dobbiamo fare tesoro.
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Fonte: Fondazione De André
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