Integratori di vitamina D contro l’influenza? Forse basta solo un po’ di sole

La vitamina D è un vero toccasana e, se aggiunta ai cibi, ridurrebbe il rischio di influenza e di altre infezioni pericolose come la polmonite. Ma servono ulteriori studi.

Vitamina D e influenza. Mantiene le ossa in salute, è benefica per cuore e cervello e protegge dal raffreddore: la vitamina D è un vero toccasana e, se aggiunta ai cibi, ridurrebbe il rischio di influenza e di altre infezioni pericolose come la polmonite.

Una ricerca diretta dagli scienziati della Queen Mary University di Londra (QMUL) e pubblicata sul British Medical Journal ha infatti evidenziato che gli integratori di vitamina D nella dieta porti, nei soggetti che ne mostrano una carenza, a una riduzione del rischio legato a infezioni respiratorie del 50%.

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Aggiungere, quindi, vitamina D ai cibi eviterebbe milioni di casi di influenza e raffreddore ogni anno: un dato verificato dai ricercatori britannici, la cui analisi ha messo insieme i risultati di 25 studi clinici realizzati in 14 differenti Paesi con circa 11 mila persone coinvolte nelle varie ricerche.

Da qui è emerso che integrare la dieta con questa vitamina, che il corpo riesce a produrre in autonomia solo quando ci si espone al sole – protegge da infezioni delle vie respiratorie stimolando la produzione di antimicrobici nei polmoni. L’assunzione regolare di un integratore ha infatti dimezzato il tasso di infezioni respiratorie nelle persone con più bassi livelli di vitamina D e ridotto del 10% le infezioni tra chi aveva soglie più alte del composto.

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Confermato da più parti e ormai anni il bisogno di un surplus di vitamina D per i neonati per evitare malattie come il rachitismo, pare emergere dunque anche la necessità di integratori di vitamina D per proteggere contro le infezioni respiratorie. Verità assoluta? Non proprio e ci sentiamo di dire di no per due ragioni. L’analisi è in linea con il fatto evidente che le infezioni respiratorie sono tipiche dei mesi freddi, quando siamo meno esposti alla luce, per cui il corpo riesce di suo a produrre meno vitamina D. In più, lo studio è condotto nel Regno Unito dove, si sa, le ore di luce e, soprattutto, la quantità di sole sono già di per sé decisamente di meno rispetto a quanto ne possiamo beneficiare noi.

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Molte sono in ogni caso le autorità, in primis lo stesso ministero della Salute inglese, a invitare a maggiore cautela. Certo è che ulteriori studi dovranno essere condotti per valutare l’effettivo impatto della vitamina D sulle infezioni respiratorie, intanto noi approfittiamo di una bella giornata di sole per uscire un po’ all’aria aperta!

Germana Carillo

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