Orsi rinchiusi al Casteller, per la prima volta mostrate le terribili condizioni nelle gabbie di acciaio e cemento

Alcuni attivisti del collettivo Assemblea Antispecista si sono introdotti nel centro Casteller di Trento dove sono rinchiusi l'orso M49 e altri due esemplari in piccole gabbie di cemento e acciaio. Ciò che hanno documentato è un pugno allo stomaco.

Sono immagini angoscianti quelle che arrivano dal centro Casteller di Trento, dove sono attualmente rinchiusi tre orsi, considerati “pericolosi”. Alcuni attivisti del collettivo Assemblea Antispecista sono riusciti a forzare il recinto esterno per documentare le condizioni in cui sono costretti a vivere gli orsi detenuti su ordine dell’amministrazione provinciale.

Al momento all’interno della fortezza si trovano l’orso M49, conosciuto anche come Papillon, il giovane esemplare, M57 e DJ3. figlia di Daniza (tristemente nota per essere stata uccisa uccisa dall’anestesia durante la cattura).

orsi casteller

“Non serve spendere molte parole perché le immagini nella loro durezza parlano da sole in barba alle tante definizioni di benessere e sostenibilità che quest’area si è data, il Casteller non è che un carcere.” – commentano gli attivisti antispecisti della campagna #StopCasteller –  “Animali che, liberi, sono soliti percorrere moltissimi km ogni giorno, sono costretti in un buco di acciaio e cemento: e ci vuole una bella fantasia e una discreta mancanza di vergogna a definire quella cella “tana”. Proprio due giorni prima l’Assessora Zanotelli aveva dichiarato a LA7 che gli orsi sarebbero stati in letargo, ma le immagini ora smentiscono anche questa ennesima menzogna. E, del resto, le mobilitazioni contro Fugatti e la sua Giunta non mancavano neanche prima, a partire dal corteo nazionale dello scorso ottobre, in cui i manifestanti riuscirono a distruggere decine di metri della recinzione”.

Nel filmato girato al Casteller, pubblicato sui canali social del collettivo antispecista, si vedono i poveri orsi costretti a sopravvivere in piccole gabbie di cemento e acciaio, in un ambiente che ha tutto l’aspetto di una vera e propria prigione. Si tratta di immagini che confermano il sospetto che si aveva da tempo sulle reali condizioni di vita degli animali che sono stati catturati perché considerati fonte di pericolo per l’uomo.

“In ogni caso il video documenta quanto era già noto dopo la relazione redatta dai carabinieri del CITES lo scorso 21 settembre, una relazione in cui si denunciava la totale incompatibilità della struttura detentiva con il benessere dei tre orsi rinchiusi, che infatti manifestavano comportamenti autolesionisti e stereotipati, prontamente “trattati” con la somministrazione sistematica di psicofarmaci e tranquillanti. – sottolineano gli attivisti –Le immagini, però, sono un vero pugno nello stomaco e stanno facendo il giro del mondo.”

Le mobilitazioni per la liberazione degli orsi

Lo scorso dicembre diverse città italiane, tra cui Milano, Trento, Verona e Torino, sono state tappezzate da diversi manifesti e cartelli in cui si chiedeva la liberazione degli orsi di M49-PapillonM57 e DJ3.

Ma, ad oggi, nulla di concreto è stato fatto per tutelare i poveri animali, “colpevoli” soltanto di essere nati e comportarsi da tali. Per fortuna, però, gli attivisti animalisti non demordono e stanno organizzando un corteo di protesta, che si svolgerà il 20 marzo a Trento.

“È accettabile continuare a tollerare tutto questo mentre la giunta leghista rivendica l’abbattimento di almeno un orso “problematico” all’anno come “male necessario” per proseguire nella convivenza tra le due specie? Dal canto nostro abbiamo già scelto da che parte stare, al fianco di quell’individuo costretto all’impotenza, che volgendo il suo sguardo verso di noi, ci ha dato tutta la forza che serve per portare avanti la battaglia per la liberazione sua e dei suoi compagni di prigionia, finché non saremo riuscit* a smontare quella gabbia” concludono.

Ci auguriamo che questa mobilitazione possa servire davvero a restituire l’agognata libertà  ai nostri amici orsi M49-Papillon, M57 e DJ3!

Fonte: Assemblea Antispecista/Instagram

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