Foche: l’Europa vieta il commercio di prodotti di foca, ma con l’eccezione Inuit

Confermato in Europa il divieto al commercio di prodotti di foca ottenuti dalla caccia commerciale, così come è vietato introdurre nel mercato dell’Unione Europea prodotti derivanti dalla cosiddetta caccia di gestione

Le foche sono salve! Il Parlamento europeo ha infatti confermato il divieto al commercio di prodotti di foca ottenuti dalla caccia commerciale e quello di introdurre nel mercato dell’Unione i prodotti derivanti dalla cosiddetta “caccia di gestione”.

Si pone così la parola fine al contenzioso durato ben 5 anni e si elimina la deroga sulla caccia “di gestione” nel regolamento 1007/2009/ce per il contenimento delle popolazioni di foche, presenti anche nel nord Europa.

Con le modifiche al testo originario del 2009, si è quindi definitivamente conclusa la questione del divieto di commercio in Europa dei prodotti di foca vigente dal 2010, ma che è stato subito oggetto di ricorsi, presso la Corte di Giustizia UE prima e l’Organizzazione Mondiale del Commercio poi, da parte dell’industria della pellicceria e di trasformazione dei prodotti di foca.

Si tratta di un risultato storico veramente importante per il quale la LAV, insieme ad un network internazionale di decine di organizzazioni impegnate da anni nel salvare le foche, è stata sempre in prima linea: dalla spedizione in Canada nel 2004 per documentare le atrocità commesse a questi animali, al lavoro svolto presso le sedi decisionali politiche e giudiziarie”, dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV Campagna Pellicce.

DEROGA INUIT – Resta però la deroga “Inuit”Inuit” sulla caccia di sussistenza: una deroga che mette sul piede di guerra la LAV, preoccupata che possa essere strumentalizzata per aggirare il divieto generale. Con la deroga “Inuit” le popolazioni indigene possono immettere sul mercato europeo prodotti di foca a titolo oneroso, ma solo se la caccia soddisfa tutte certe condizioni:

1) è tradizionalmente una pratica svolta dalla comunità e dovrà continuare a far parte solo della cultura e dell’identità di questa comunità;

2) è praticata per il suo sostentamento, fornisce alimenti e reddito di supporto alla vita e alla sussistenza sostenibile, e non viene effettuata principalmente per finalità commerciali;

3) viene praticata in modo da tenere in debita considerazione il benessere degli animali, tenendo conto dei modi di vita tradizionali e delle esigenze di sostentamento della comunità.

Ora la Commissione Europea dovrà assicurare uno scrupoloso monitoraggio della filiera Inuit per evitare che il divieto generale di importazione e commercio venga strumentalizzato con l’apposizione di presunte certificazioni della sussistenza delle popolazioni indigene a copertura del business dell’industria della pellicceria”.

Resta comunque a noi la coscienza di non acquistare prodotti di foca (pelli, pellicce, carne, grasso e altri derivati) anche se di origine Inuit (che potreste sostenere in altri modi…)!

Germana Carillo

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