La plastica che finisce negli oceani potrebbe triplicare nel corso dei prossimi 20 anni secondo uno dei più grandi studi mai condotti
La plastica che finisce negli oceani potrebbe triplicare nel corso dei prossimi 20 anni. Uno dei più grandi studi mai condotti ha permesso di stabilire cosa accadrà ai nostri mari se continueremo a inquinarli a questo ritmo.
Lo studio, condotto dal Pew Charitable Trusts, ha rivelato un altro aspetto che fa paura: gli sforzi attuali e previsti ridurranno il volume dei rifiuti solo del 7%.
Secondo il dossier “Breaking the Plastic Wave”, dovremmo ridurre dell’80% l’uso della plastica nei prossimi 20 anni applicando tra l’altro soluzioni e tecnologie esistenti, per riuscire a ripulire i mari ma purtroppo i governi non stando andando in quella direzione.
Non basta quello che stanno facendo per limitare la pericolosa presenza della plastica in mare. Secondo le stime attuali, la quantità di plastica che raggiunge gli oceani ogni anno è di 8 milioni di tonnellate, ma la cifra reale è molto più elevata ed è di circa 11 milioni, secondo uno studio del 2015 pubblicato sulla rivista Science.
Ma se le attuali tendenze continueranno, la quantità di plastica che inquina gli oceani raggiungerà 29 milioni di tonnellate entro il 2040, l’equivalente di 50 kg per ogni metro di costa del mondo.
I risultati di una delle valutazioni più approfondite fino ad oggi del problema dei rifiuti di plastica rivelano l’impatto devastante della nostra dipendenza dalla plastica, in particolare di quella monouso e dei film utilizzati per gli imballaggi.
Le soluzioni esistono già
Se verranno adottate alcune misure rigorose si otterrà una forte riduzione dei rifiuti, secondo i ricercatori, tra cui il miglioramento della raccolta in particolare nei paesi in via di sviluppo, e il riciclaggio ma anche investimenti in materiali alternativi e una migliore progettazione del prodotto per ridurre la quantità di plastica utilizzata.
Tali misure richiederebbero un investimento di circa 150 miliardi di dollari a livello globale nei prossimi cinque anni, ma porterebbero a 70 miliardi di risparmi rispetto al costo di 670 miliardi che i governi oggi affrontano per una gestione inefficiente dei rifiuti fino al 2040. Oltre ai vantaggi diretti, vi sono anche quelli legati alle ridotte emissioni di gas serra associate alla produzione di plastica che calerebbero di un quarto, creando fino a 700.000 nuovi posti di lavoro.
“I rifiuti di plastica stanno entrando nell’oceano a una velocità di circa 11 milioni di tonnellate all’anno, danneggiando la vita marina e danneggiando gli habitat. Come siamo arrivati qui? Abbiamo prodotto grandi quantità di prodotti in plastica e abbiamo adottato poche misure per regolarne l’utilizzo o gestirne adeguatamente lo smaltimento” si legge nello studio.
Tutti gli sforzi compiuti e annunciati finora per tagliare i rifiuti di plastica, da parte di governi e aziende, ridurranno quel volume previsto solo del 7% circa entro il 2040.
Nonostante la crescente consapevolezza del problema negli ultimi anni, i tentativi di ridurre gli sprechi e le limitazioni sull’uso di microplastiche hanno finora avuto un impatto limitato, ha detto Simon Reddy, direttore ambientale internazionale del Pew Charitable Trusts.
“Tutte le iniziative finora hanno fatto poca differenza. Non esiste un proiettile d’argento, non esiste una soluzione che può essere semplicemente applicata: sono richieste molte politiche”.
Occorrono cambiamenti a dir poco rivoluzionari, senza i quali la plastica nei mari raggiungerà livelli pericolosissimi.
Fonti di riferimento: The Guardian, Science, Pew Charitable Trusts
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