Gli allevamenti intensivi fanno schizzare le emissioni di metano, verso un aumento delle temperature di 4°C!

Il metano ha raggiunto i livelli più alti mai registrati a causa delle emissioni legate alle fonti fossili e all'allevamento di bovini e ovini

Le emissioni globali di metano salgono a livelli record. A lanciare l’allarme è un nuovo studio internazionale secondo cui se la pandemia ha temporaneamente ridotto le emissioni di Co2, quelle del metano continuano a salire trascinando il mondo sempre più lontano dal percorso virtuoso in grado di evitare la catastrofe climatica.

Secondo la ricerca, pubblicata su Environmental Research Letters, il metano ha raggiunto i livelli più alti mai registrati soprattutto a causa delle emissioni legate alle miniere di carbone, alla produzione di petrolio e gas naturale, all’allevamento di bovini e ovini e alle discariche.

Da 3 a 4° in più entro il 2100: effetti devastanti

Tra il 2000 e il 2017, i livelli del potente gas serra si sono innalzati verso percorsi che secondo i modelli climatici porteranno a un aumento delle temperature globali di 3-4° prima della fine del secolo. Si tratta di una soglia molto pericolosa raggiunta la quale gli scienziati avvertono che i disastri naturali, tra cui incendi, siccità e inondazioni, e disfunzioni sociali come carestie e migrazioni di massa diventeranno quasi all’ordine del giorno.

I risultati sono stati delineati in due articoli pubblicati il ​​14 luglio su Earth Science Data and Environmental Research Letters dai ricercatori del Global Carbon Project , un’iniziativa guidata dallo scienziato della Stanford University Rob Jackson.

Allevamento e fonti fossili i principali responsabili

Nel 2017, l’ultimo anno in cui sono disponibili dati globali completi sul metano, l’atmosfera terrestre ha assorbito quasi 600 milioni di tonnellate di questo gas, 28 volte più potente del biossido di carbonio nell’intrappolare il calore nell’arco di 100 anni. Più della metà di tutte le emissioni di metano provengono dalle attività umane. Le emissioni annuali di metano sono aumentate del 9%, ossia 50 milioni di tonnellate all’anno, dall’inizio degli anni 2000, quando le concentrazioni di metano nell’atmosfera erano relativamente stabili.

In termini di riscaldamento globale, aggiungere metano extra all’atmosfera dal 2000 equivale a mettere 350 milioni di auto in più sulle strade del mondo o raddoppiare le emissioni totali di Germania o Francia.

A livello globale, le fonti di combustibile fossile e l’allevamento di bovini sono i motori “gemelli” che alimentano la crescita delle emissioni di metano:

“Le emissioni di bovini e altri ruminanti sono grandi quasi quanto quelle dell’industria dei combustibili fossili per il metano”, ha spiegato Jackson.

Si tratta di stime attendibili, rilevate dai sensori satellitari. Nell’immagine che segue, in arancione sono segnate le fonti relative alle attività umane, in verde quelle naturali e i pozzi per il gas, il verde arancio tratteggiato mostra fonti di metano legate sia alle attività umane che alla natura, come gli incendi.

metano 2020

©Global Carbon Project

Durante tutto il periodo di studio, l’agricoltura ha rappresentato circa i due terzi di tutte le emissioni di metano legate alle attività umane; i combustibili fossili hanno contribuito per gran parte del restante terzo. Tuttavia, queste due fonti hanno contribuito in modo pressoché uguale agli aumenti osservati dall’inizio degli anni 2000.

Le emissioni di metano dall’agricoltura sono salite a 227 milioni di tonnellate nel 2017, circa l’11% in più rispetto alla media del 2000-2006. Il metano derivante dalla produzione e dall’uso di combustibili fossili ha raggiunto 108 milioni di tonnellate nel 2017, con un aumento di quasi il 15% rispetto al periodo precedente.

Nel mezzo della pandemia di coronavirus, le emissioni di carbonio sono crollate mentre la produzione e il trasporto sono cessati.

“Non vi è alcuna possibilità che le emissioni di metano siano diminuite tanto quanto le emissioni di biossido di carbonio a causa del virus”, ha detto Jackson. “Stiamo ancora riscaldando le nostre case e gli edifici e l’agricoltura continua a crescere.”

Emissioni di metano nel mondo

Le emissioni di metano sono aumentate di più in Africa e in Medio Oriente, Cina,  Asia meridionale e Oceania. Ognuna di queste regioni ha aumentato le emissioni di circa 10-15 milioni di tonnellate all’anno durante il periodo di studio. A seguire gli Stati Uniti con 4,5 milioni di tonnellate, principalmente a causa della maggiore perforazione, distribuzione e consumo di gas naturale.

“L’uso di gas naturale sta aumentando rapidamente qui negli Stati Uniti e nel mondo”, ha detto Jackson. “Sta compensando il carbone nel settore elettrico e riducendo le emissioni di anidride carbonica, ma aumentando le emissioni di metano in quel settore”.

In Europa emissioni di metano in calo

L’Europa si distingue come l’unica regione in cui le emissioni di metano sono diminuite negli ultimi due decenni, sia riducendo quelle prodotte dal settore della chimica sia coltivando alimenti in modo più efficiente.

“Le politiche e una migliore gestione hanno ridotto le emissioni da discariche, letame e altre fonti qui in Europa. Le persone mangiano anche meno carne di manzo e più pollame e pesce”, ha aggiunto  Marielle Saunois dell’Università di Versailles Saint-Quentin in Francia, autrice principale dell’articolo su Earth System Science Data.

Secondo il team di ricerca, il contenimento delle emissioni di metano richiederà la riduzione dell’uso di combustibili fossili e il controllo delle emissioni cosiddette fuggitive come le perdite da condotte e pozzi, nonché modifiche al modo in cui alimentiamo il bestiame, coltiviamo riso e mangiamo.

“Dovremo mangiare meno carne e ridurre le emissioni associate all’allevamento di bestiame e riso e sostituire petrolio e gas naturale nelle nostre auto e case”.

Esistono varie soluzioni tampone come l’utilizzo di alghe nell’alimentazione dei bovini ma non possono di certo risolvere il problema alla radice.

Se la Co2 ci spaventava, il metano non è da meno. Occorre un rapido cambio di passo prima che i danni all’ambiente siano irreparabili.

Fonti di riferimento: Environmental Research Letters, Stanford University, Earth Science Data

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