Secondo il nuovo report del WWF dal titolo i consumi europei sono responsabili del 10% della deforestazione globale.
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Sono essenziali per la protezione della biodiversità del Pianeta e racchiudono circa l’80% delle specie animali e vegetali terrestri viventi: quasi un terzo della superficie terrestre mondiale è coperto da foreste, ma – a partire dal caffè e passando per la soia, i pellami, la carne bovina e il legname – ogni giorno le mangiamo, le usiamo o le indossiamo.
Proprio così: l’80% della deforestazione mondiale è dovuta alla necessità di far posto a pascoli per la produzione di carne e alle piantagioni di soia e di olio di palma richiesti dai Paesi occidentali che consumano e sprecano sempre di più.
A dirlo è il nuovo report del WWF dal titolo “Quanta foresta avete mangiato, usato o indossato oggi?”, che specifica anche che i consumi europei sono responsabili del 10% della deforestazione globale (che avviene prevalentemente al di fuori dei confini dell’Unione europea – il 54% delle foreste si trova in soli 5 Paesi: Russia, Brasile, Canada, Stati Uniti e Cina) e il nostro Paese ha un’alta responsabilità visto che siamo un tradizionale importatore di materie prime provenienti dalle foreste: non solo legname, ma anche carni, soia, olio di palma, caffè, cacao, cuoio, e altro ancora.
Negli ultimi tre decenni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni, più o meno quanto la superficie dell’intera Unione Europea, gran parte dei quali in aree tropicali. Ogni anno si perdono quasi 10 milioni di ettari a causa della conversione di foreste in terreni agricoli ed è questo un immenso danno sia per la biodiversità, visto che circa l’80% delle specie animali e vegetali terrestri del Pianeta vive nelle foreste, sia per gli effetti drammatici sui cambiamenti climatici: è ormai evidente, infatti, che la perdita di foreste amplifica la crisi climatica a causa delle elevatissime quantità di carbonio rilasciate e a causa delle perdita della regolazione del sistema climatico nel suo complesso.
Il caffè
Sono circa 2,5 miliardi le tazze di caffè che si bevono nel mondo ogni giorno. L’Europa (che rappresenta il 33% del consumo globale di caffè) è il più grande mercato del caffè al mondo e si prevede che entro il 2050 la produzione di caffè possa addirittura triplicare, ma ancora oggi il 60% dell’area idonea a coltivare caffè è coperta da foreste.
Come si legge nel rapporto, infatti, se un tempo il caffè si coltivava ai margini degli ambienti forestali, oggi si abbattono alberi per produrlo in enormi aree esposte al sole. Tutto questo non potrà non avere gravi conseguenze per specie già a rischio estinzione, come la tigre di Sumatra: l’Indonesia, dove vive questa specie, è infatti uno dei maggiori esportatori di caffè (insieme a Messico, Colombia, Vietnam e Brasile). Inoltre, a causa del cambiamento climatico, il 50% delle aree coltivate a caffè saranno inadatte alla produzione entro il 2050 spingendo le coltivazioni verso altitudini più elevate, minacciando la scomparsa di altre foreste preziose.
Il futuro di queste foreste e specie grava anche sulle spalle dell’Italia, visto che ogni anno consumiamo in media 6 kg di caffè a testa. L’appello del WWF, per ridurre i nostri impatti, è quello di preferire caffè proveniente da aziende certificate, anche se al momento solo il 20% delle aziende agricole sono certificate.
La soia
Dal 1950 ad oggi la produzione di soia è aumentata globalmente di 15 volte a causa dell’aumento del consumo di carni e derivati animali. Il 97% delle farine di soia finisce nei mangimi animali. Ecco perché la soia è il secondo maggiore driver di deforestazione al mondo dopo l’allevamento di bovini. Il Brasile è il maggiore produttore al mondo di soia. Un quinto della soia importata in UE dal Brasile (prodotta in Amazzonia e Cerrado) è legata a deforestazione illegale.
A livello globale, la coltivazione di soia sta devastando alcuni dei più preziosi ecosistemi: Amazzonia, Cerrado, Gran Chaco e Pantanal dove vive più del 10% di tutte le specie animali conosciute, tra cui il giaguaro. La domanda europea di soia è soddisfatta infatti al 95% dalle importazioni: il consumo di soia di un europeo è di 61 kg l’anno, di cui oltre il 90% proviene indirettamente dai mangimi destinati agli animali per ottenere carne, pesce, uova, yogurt, ecc.
L’Italia è il terzo maggiore importatore in Europa di farina di soia: le importazioni italiane di soia hanno indotto una deforestazione media circa 16mila ettari in un anno. È quindi importante diventare consumatori consapevoli riducendo il consumo di carne.
La bresaola
La deforestazione indiretta non riguarda solo i prodotti di massa e le materie prime ma potrebbe riguardare anche i mercati alimentari di “qualità” dell’agricoltura italiana.
Non tutti sanno, infatti, che in Brasile una delle cause di deforestazione è legata all’allevamento dello zebù, una specie affine ai nostri bovini le cui cosce congelate possono appunto diventare bresaola. Non è una truffa (lo consente ad oggi il disciplinare di produzione) ma certamente è poco risaputo che per produrre la bresaola, a volte anche in possesso della certificazione Igp, si possa utilizzare qualunque tipo di bovino, anche quello che di italiano non ha nulla e che viene allevato distruggendo la foresta amazzonica.
Le scarpe
Il pellame usato per realizzare scarpe, cinte e borse è un sottoprodotto dell’industria della carne bovina e come tale a rischio di deforestazione. In Italia, patria delle calzature e delle borse firmate, la materia prima predominante è il pellame, in particolare quello bovino che rappresenta il 70% delle materia prima utilizzata dall’industria conciaria. Il Brasile esporta l’80% delle pelli bovine che produce (40,7 mln di pelli in dieci anni).
L’Unione europea acquista 80.500 tonnellate di pelle dal Brasile – circa il 20% dell’import globale – gran parte delle quali ricavate da zone deforestate illegalmente. Per fermare questa distruzione il WWF indica l’acquisto di prodotti in pelle manufatti da aziende che investono in filiere trasparenti e forest-friendly, o meglio ancora, l’utilizzo di materiali alternativi.
“Dobbiamo fermare il processo di distruzione delle foreste più preziose: oggi il 40% della foresta pluviale amazzonica ha già raggiunto il punto di non ritorno a causa di incendi e tagli incontrollati. La nostra responsabilità come consumatori è enorme e il percorso della certificazione di prodotti di largo consumo, così come la riduzione di alimenti dentro i quali si nasconde la deforestazione, a partire dalla carne bovina e dalla soia per mangimi, sono l’unica strada percorribile – dice Isabella Pratesi, direttore conservazione di WWF Italia. Dentro al granellino di soia o al chicco di caffè si può celare un disastro ambientale. È bene prenderne coscienza subito, considerando che molte delle nostre malattie hanno origine dalla distruzione degli ecosistemi, in primis quelli forestali, e dalla gestione insostenibile delle risorse naturali”.
Una speranza la abbiamo? Certo ed è in una nuova legge dell’Unione europea sui prodotti legati alla deforestazione che presto potrà venire alla luce e per questo la Commissione Europea sta chiedendo ai cittadini europei di esprimersi su questa norma attraverso una consultazione pubblica. Oltre 1 milione di persone ha già partecipato alla campagna #Together4Forests per chiedere una legge europea contro la deforestazione.
Firmando il modulo QUI ognuno potrà fdare la sua parte.
QUI trovate il rapporto completo del WWF.
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