Tutti pazzi per i Bitcoin, ma l’ambiente no: la criptomoneta inventata nel 2008 consuma più elettricità dell’intera Argentina
Tutti pazzi per i Bitcoin, ma l’ambiente non è affatto contento: la criptomoneta inventata nel 2008 consuma più elettricità dell’intera Argentina. Un nuovo studio dell’Università di Cambridge mostra consumi di energia elettrica da capogiro dovuti alla mole di calcoli informatici necessari a verificare tutte le transazioni.
Già due anni fa gli esperti ambientali del Verbraucher Service Bayern (servizio per i consumatori bavarese) avevano lanciato l’allarme sulle ripercussioni della digitalizzazione, fonte di emissioni di anidride carbonica nella quasi totale inconsapevolezza generale.
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Tutto è digitale, ormai, e lo sarà sempre di più: ci sembra tutto veloce ed economico, ma per l’ambiente i costi sono altissimi. I Bitcoin, in particolare, sono dei veri succhia sangue: infatti il “mining” per la criptovaluta è assetato di potere e richiede pesanti calcoli informatici per verificare le transazioni.
I ricercatori di Cambridge affermano che queste monete virtuali consumano circa 121,36 terawattora (TWh) all’anno ed è improbabile che queste cifre calino a meno che il valore della valuta non crolli. Cosa peraltro molto difficile per ora.
Proprio recentemente, infatti, Tesla, proprietà del multimilionario Elon Musk, ha deciso di investire proprio in questi succhia-sangue informatici (e dunque ambientali), portando il loro valore alle stelle.
Secondo quanto riportato dalla testata economica Forbes, in particolare, solo nella settimana 8-11 febbraio, il loro prezzo è arrivato intorno ai $ 50.000, proprio dopo che Tesla ha annunciato di aver acquistato $1,5 miliardi di Bitcoin e di aver pianificato di accettarlo come pagamento in futuro, aumentandone il valore del 350% negli ultimi 12 mesi.
In realtà sembra che ora che Musk sia stato avvertito dagli avvocati che i suoi tweet pro-Bitcoin potrebbero portare a domande dalla Commissione per la sicurezza e gli scambi (SEC) degli Stati Uniti, e che dunque l’imprenditore abbia innescato la liquidazione di $1,2 miliardi di scorte nelle ultime settimane.
Poco, purtroppo, per l’ambiente.
L’aumento del prezzo e quindi della loro “appetibilità” sta spingendo infatti i minatori di Bitcoin a far funzionare sempre più macchine, incrementando il consumo di energia. La moneta non è infatti “reale” e le transazioni che vengono effettuate (a volte in modo truffaldino) hanno necessità di essere monitorate in continuazione.
“È davvero in base alla progettazione che Bitcoin consuma così tanta elettricità – spiega alla BBC Michel Rauchs, coautore dello strumento online che genera queste stime – Questo non è qualcosa che cambierà in futuro a meno che il prezzo dei Bitcoin non scenda in modo significativo”.
Il valore stimato di 121,36 terawattora (TWh) all’anno appare più alto dei consumi elettrici totali dell’intera Argentina: se i Bitcoin fossero uno Stato, sarebbero tra i primi 30 al mondo per consumi e quindi estremamente dannosi per l’ambiente.
“Il Bitcoin è letteralmente anti-efficiente – commenta a sua volta David Gerard, autore di Attack of the 50 Foot Blockchain – Quindi un hardware di mining più efficiente non sarà d’aiuto: sarà solo in competizione con altri hardware di mining efficienti. Ciò significa che l’uso di energia di Bitcoin, e quindi la sua produzione di CO2, è solo una spirale verso l’esterno”.
Una spirale che si aggiunge alle tante create da noi, nelle quali ci siamo incautamente incastrando.
Fonti di riferimento: Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index / BBC / Forbes
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