Indigeni: omicidi e sfratti contro i popoli che difendono le terre ancestrali

Milioni di indigeni ogni giorno sono costretti con la violenza a lasciare le proprie terre ancestrali. Le loro sono storie di diritti calpestati a favore degli interessi economici delle multinazionali.

Milioni di indigeni ogni giorno sono costretti con la violenza a lasciare le proprie terre ancestrali. Le loro sono storie di diritti calpestati a favore degli interessi economici delle multinazionali.

Un nuovo rapporto di Oxfam “Custodi della terra, difensori del nostro futuro”, realizzato in collaborazione con la Land Matrix Initiative e presentato a Terra Madre nell’ambito della campagna Land Rights Now, mostra ancora una volta, come il diritto alla terra per gli indigeni e le comunità dei piccoli agricoltori sia sempre più un miraggio.

“Il 75% delle oltre 1500 transazioni fondiarie, indagate negli ultimi 16 anni, riguarda contratti relativi a progetti già in fase di realizzazione, ma il dato più preoccupante è che il 59% di queste riguarda terre comuni rivendicate da popoli indigeni e comunità di piccoli agricoltori, la cui titolarità alla terra è scarsamente riconosciuta dai governi. Solo in rari casi si è stabilito un dialogo preventivo con le comunità, mentre più spesso, e tragicamente, si è fatto ricorso alla violenza estrema che ha portato a omicidi e sfratti indiscriminati in moltissimi villaggi. Una prassi che, dalle osservazioni sul campo, sembra diventare la norma”, si legge nel rapporto.

In sintesi oltre 2,5 miliardi di persone appartenenti a popoli indigeni abitano più della metà del Pianeta, ma formalmente vengono riconosciuti loro titoli di proprietà soltanto per un quinto di essa.

“Stiamo entrando in una fase nuova della corsa globale alla terra, più pericolosa. La frenetica compravendita di milioni di ettari di foreste, coste e terreni coltivati, in molti paesi poveri, porta a omicidi e sfratti delle popolazioni indigene. Un vero e proprio etnocidio. Gli accordi e i progetti realizzati sulla terra che viene accaparrata avvengono nel totale disprezzo del consenso delle comunità locali che lì vivono da sempre. Occorre intervenire con urgenza in questo quadro destinato a generare conflitti sempre più sanguinosi”, ha detto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia.

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Più volte, vi abbiamo parlato delle battaglie portate avanti da queste popolazioni che cercano di tutelare la biodiversità e di difendere la loro cultura e le loro tradizioni. Sono tutte storie di inaudita violenza, dove i più deboli vengono sottomessi dalle dinamiche legate agli interessi economici.

Ecco perché Oxfam, attraverso la campagna Land Rights Now, lancia un appello ai governi dei diversi paesi coinvolti, affinché la quantità di terra formalmente posseduta dalle comunità indigene raddoppi entro il 2020.

“Privare milioni di persone della terra su cui hanno vissuto per intere generazioni rappresenta un attacco alla loro identità culturale, oltre che alla loro dignità e alla loro sicurezza. Salvaguardare il loro diritto alla terra è essenziale per affrontare in maniera decisa il problema della fame, della disuguaglianza e del cambiamento climatico. Per questo motivo è necessario che i governi se ne facciano carico il prima possibile”, continua Barbieri.

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I sei casi di popolazioni vittime di sfratto e violenze

Honduras

Miriam Miranda, compagna della leader ambientalista indigena Berta Caceres brutalmente uccisa nel marzo scorso, continua nonostante le innumerevoli minacce di morte, a guidare la protesta del popolo Garifuna per il controllo delle loro terre cedute dal Governo ad imprese private per la costruzione di “zone economiche speciali”.

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2) Perù

I Quechua dell’Amazzonia hanno intrapreso una battaglia legale per riottenere il controllo delle loro terre, danneggiate da anni di trivellazioni petrolifere.

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3) Australia

Gli aborigeni di Kimberley resistono al governo locale, più interessato ai profitti derivanti dalle attività minerarie e da progetti di conservazione che al benessere della sua popolazione.

4) Sri Lanka

Centinaia di persone sono al momento sfollate all’interno del paese, dopo che il governo le ha sfrattate per favorire la costruzione di strutture alberghiere.

India

L’aumento di domanda globale di legno teak per mobili, pavimenti e altri accessori per la casa ha provocato un’espansione delle piantagioni a scapito della comunità di Kutia Kand Adivasi in Odisha, nell’est del paese, che senza le sue foreste rischia di scomparire.

Mozambico

Nella comunità di Wacua, la decisione unilaterale del suo leader, persuaso dai rappresentanti di un’azienda agro-alimentare, ha provocato, nel giro di un solo mese, lo sfratto dalle proprie terre di un’intera comunità impossibilitata, per via di processi lunghi e complessi, ad ottenere e rivendicare titoli e documenti legali di proprietà della terra.

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Uno dei casi più emblematici è sicuramente quello di Paanama, nella zona costiera nell’est dello Sri Lanka, dove c’è un altissimo livello di espulsioni forzate.

“Qui infatti per 40 anni, fino al 2010, hanno vissuto 350 famiglie di contadini e pescatori. Con la fine della guerra civile che per 30 anni ha lacerato il paese, la provincia diventa un’ambita località turistica, richiamando surfisti da tutto il mondo, anche dall’Italia. Basti pensare che solo nel 2015 in Sri Lanka sono arrivati ben 25 mila turisti italiani”, si legge ancora.

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Le conseguenze sono quelle che ben possiamo immaginare: famiglie estromesse con la forza dall’esercito, insediamenti ridotti in cenere, raccolti distrutti e via dicendo.

“In breve tempo a Paanama sorgono una base militare e hotel di lusso. Chi qui viveva del sudore del proprio lavoro nei campi adesso nella migliore delle ipotesi è costretto ad affittare un terreno in un’altra provincia, solo per poter sfamare la propria famiglia. Ne seguono anni di proteste pacifiche che porteranno nel 2015 il Governo a decidere di restituire la terra alle famiglie che per 6 anni sono state costrette lontane da casa. Una promessa che però dopo un anno non è ancora stata mantenuta”.

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Da qui la petizione lanciata da Oxfam, in collaborazione con Slow Food e Mani Tese, con la richiesta urgente al Governo dello Sri Lanka di liberare quanto prima le terre occupate ingiustamente e restituirle immediatamente alla comunità di Paanama.

Firma qui la petizione

Dominella Trunfio

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