L'inquinamento provocato dall'industria della carne e dei latticini ha effetti drammatici sul clima. A rivelarlo è il report "Meat Atlas"
L’inquinamento provocato dall’industria della carne e dei latticini ha effetti drammatici sul clima. A rivelarlo è il report annuale “Meat Atlas”, che affronta l’impatto del consumo di carne sul Pianeta
Per combattere davvero la crisi climatica è necessario porre un freno agli allevamenti intensivi. Ebbene sì, proprio le grandi aziende che producano carne e latticini rientrano tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra. Venti industrie produttrici di carne e latticini provocano livello di inquinamento (di anidride carbonica e metano) addirittura superiori a quelle dei Paesi europei più industrializzati, come la Francia e la Germania. A delineare questo quadro allarmante è il nuovo report “Meat Atlas”, realizzato dalla Fondazione Heinrich Böll e dall’organizzazione Friends of the Earth Europe, che si occupa della salvaguardia dell’ambiente.
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Il consumo di carne è in crescita (anche nei Paesi in via di sviluppo)
Eppure, nonostante sia ormai chiaro a tutti l’impatto devastante degli allevamenti intensivi sull’ambiente, tra il 2015 e il 2020 le più importanti aziende produttrici di carne e prodotti lattiero-caseari hanno ricevuto finanziamenti pari a 478 miliardi di dollari da circa 2.500 società di investimento, banche ed altri enti (in gran parte con sede in Nord America e in Europa).
Grazie a questo cospicuo sostegno finanziario, secondo gli esperti che hanno redatto il documento “Meat Atlas” la produzione di carne potrebbe aumentare di altri 40 milioni di tonnellate entro il 2029 per raggiungere 366 milioni di tonnellate di carne all’anno.
La maggiore crescita del consumo di carne avverrà nei Paesi in via di sviluppo. – spiegano gli esperti – Secondo l’OCSE, la domanda nel mondo sottosviluppato aumenterà di quattro volte rispetto agli Stati più avanzati entro il 2028. I Paesi in via di sviluppo partono da una base molto più bassa rispetto alle loro controparti sviluppate, ma hanno una popolazione che cresce più rapidamente. Tuttavia, il loro consumo aggiuntivo rimarrà relativamente basso. Ciò è particolarmente evidente in Africa, dove la domanda complessiva sta aumentando molto rapidamente, ma si prevede che il consumo pro capite aumenterà solo leggermente nei prossimi 10 anni, da 17 a 17,5 kg all’anno. In Africa e in Asia, il consumo di carne supererà la produzione. Le importazioni aumenteranno, soprattutto nell’Africa subsahariana. Ma l’aumento globale delle importazioni di carne sarà in gran parte guidato dall’Asia (al di fuori della Cina). Si prevede che la regione rappresenterà circa il 56% del commercio mondiale entro il 2029.
L’impatto devastante dell’industria della carne sull’ambiente
L’industria della carne contribuisce in modo significativo alle emissioni di carbonio. Basti pensare che l’allevamento del bestiame è responsabile del 14,5% delle emissioni di gas serra del nostro Pianeta. Numerosi studi scientifici hanno evidenziato come i Paesi ricchi abbiano bisogno di enormi riduzioni del consumo di carne e latticini per affrontare in maniera efficace l’emergenza climatica. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Nature, i cittadini degli Stati occidentali dovrebbero tagliare del 90% il consumo di carne e del 60% il consumo di latte, sostituendo questi prodotti con alternative vegetali.
E gli allevamenti intensivi sono in gran parte responsabili della deforestazione selvaggia (spesso e volentieri illegale) in vari Paesi, a partire dal Brasile. Tre quarti dei terreni agricoli del mondo vengono, infatti, utilizzati per allevare animali o coltivare mangime per nutrirli.
“Soltanto in Brasile 175 milioni di ettari sono dedicati all’allevamento del bestiame, un’area di terreno che è circa pari all’intera superficie agricola dell’Unione europea” evidenzia il rapporto “Meat Atlas”. Un dato impressionante.
Nonostante gli “effetti collaterali” degli allevamenti intensivi siano ormai noti a tutti, a livello globale i singoli governi non chiedono ai produttori di carne di documentare le proprie emissioni o di fissare degli obiettivi legati alla riduzione delle emissioni in modo da avere più trasparenza all’interno il settore, come sottolineano gli attivisti di Friends of the Earth Europe, che a tal proposito aggiungono:
L’intero settore si basa sull’autodichiarazione. Ma poche aziende rendono note le proprie emissioni, figuriamoci eventuali obiettivi per ridurli.
Insomma, l’industria della carne sta provocando deforestazione, inquinando aria, mari e terreni oltre a rappresentare un incubo per i poveri animali trattati come merce. Ma nessuno (o quasi) sembra davvero disposto a rinunciare a questo sistema e si continua a pensare ai profitti, mentre il Pianeta è in agonia.
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Fonte: Meat Atlas
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