Ricordate i dischetti di plastica che avevano invaso le spiagge del Mar Tirreno, dal Lazio alla Campania, fino alla Toscana creando un vero e proprio disastro ambientale? Adesso si trasformano in spille ricamate da indossare.Da rifiuto altamente inquinante a oggetto di design, così da incentivare il riuso e nello stesso tempo ripulire le spiagge dalla plastica.
Ricordate i dischetti di plastica che avevano invaso le spiagge del Mar Tirreno, dal Lazio alla Campania, fino alla Toscana creando un vero e proprio disastro ambientale? Adesso si trasformano in spille ricamate da indossare. Da rifiuto altamente inquinante a oggetto di design, così da incentivare il riuso e nello stesso tempo ripulire le spiagge dalla plastica.
L’idea è di Laura Rovida, trentanovenne designer tessile di Capalbio che ha deciso di mettere la sua arte a servizio della sostenibilità.
“I temi della sostenibilità e dell’ecologia sono da sempre nel lavoro, ma anche nella vita, centrali per me! Quindi, facendo una passeggiata in spiaggia con una mia amica, mi è venuto spontaneo raccogliere i dischetti con l’intento di buttarli poi nel cassonetto della raccolta differenziata per la plastica”, spiega Laura Rovida a greenMe.it.
Perché ci sono dei dischetti di plastica in spiaggia? Ne avevamo parlato nel mese di marzo, contrariamente a quel che si pensava all’inizio, questi dischetti non sono cialde da caffè, né filtri da phon o rubinetti, ma supporti per la depurazione delle acque.
Si tratta di filtri finiti in mare a causa di un cedimento strutturale di una vasca dell’impianto di depurazione delle acque reflue situato nei pressi della foce del fiume Sele. Il guasto ha fatto sì che si riversassero nel fiume per poi finire nel Mar Tirreno, spinti dalle correnti.
Da rifiuti a spille
I dischetti si trasformano adesso in spille in cui Laura Rovida ricama gabbiani e fenicotteri, così invece di essere gettati nella raccolta differenziata daranno direttamente vita a una filiera di economia circolare.
“Dopo averli raccolti, invece di buttarli però mi sono accorta, tenendoli in mano, che la struttura del dischetto era proprio quella dei tessuti garzati. Cioè i tessuti che si usano per fare ricami. Occupandomi di tessile da 17 anni mi è venuto naturale provare a ricamarci sopra con la seta”, dice ancora.
La mission del marchio Rovida è proprio questa: usare un telaio manuale, non produrre scarti di lavorazione e riassemblando i pochi in modo creativo. I tessuti sono naturali e certificati, non vengono utilizzate sostanze nocive come coloranti cancerogeni o metalli pesanti.
“La mia passione è il birdwatching, ho una collezione di sciarpe tessute a mano nel mio laboratorio in bamboo biologico certificato GOTS su cui stampo gli uccelli osservabili sulla laguna di Orbetello e il lago di Burano e in particolare il fenicottero simbolo dell’Oasi del Lago di Burano. Per questo ricamo i fenicotteri sui dischetti, e anche il gabbiano perché è l’icona del mare. La mia intenzione è quella di trasformare una trgedia ambientale in qualcosa di buono….almeno parzialmente!”, spiega Rovida.
Le spille di Rovida Design (il suo marchio) ovviamente sono ricamate in seta ecologica nel laboratorio di Capalbio Scalo e appena pronte saranno vendute e il 20 per cento del ricavato sosterrà un progetto di conservazione delle spiagge in collaborazione con le Oasi Wwf della Maremma.
“Non sappiamo ancora quale progetto realizzeremo anche perché dipende da quanti soldi riusciamo a mettere insieme! Spero tanti per fare qualcosa di bello davvero per la conservazione del nostro mare. Qui a Capalbio è molto bello e ancora in molti tratti, la costa è intatta e speriamo che resti così”, dice.
Tutti possono contribuire a questo progetto dalla doppia valenza, così la designer lancia un appello:
“I cittadini mi possono aiutare raccogliendo i dischetti e facendomeli avere, e poi acquistando la spilla e portandola per far girare la parola. In questo modo ci aiutano a finanziare un bel progetto!”.
L’inquinamento in mare
Uno dei mali della nostra epoca è rappresentato dall’inquinamento marino che distrugge la biodiversità, secondo uno studio realizzato dal World Economic Forum in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation, entro il 2050 gli oceani accoglieranno più plastica che pesci. Ma ognuno di noi può contribuire a far sì che questa catastrofica profezia non si avveri. Come? Iniziando nell’essere consumatori più consapevoli, per questo greenMe.it ha lanciato la campagna social #svestilafrutta contro l’abuso degli imballaggi in plastica, per partecipare clicca qui.
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Dominella Trunfio