Dopo il Nutri-score la Francia lancia l’Eco-score, l’etichetta che informa sull’impatto ambientale dei cibi

Oltre all'etichetta nutrizionale Nutri-score, la Francia lancia anche l'etichetta che informa sull'impatto ambientale dei cibi: l'Eco-score

Dopo l’etichetta Nutri-score che informa sul contenuto nutrizionale di un determinato alimento, la Francia lancia ora l’Eco-store, un’altra etichetta che indica invece l’impatto ambientale dei cibi.

Sempre più consumatori sono attenti a ciò che acquistano e vogliono essere informati non solo sugli ingredienti che contiene un determinato prodotto ma anche sul suo valore nutrizionale. Le etichette sono il mezzo che abbiamo a disposizione per valutare quello che acquistiamo al supermercato ed è importante utilizzarlo.

In Francia è già arrivato il Nutri-score ma recentemente è stata lanciata anche un’altra etichetta, altrettanto importante, quella che indica l’impatto ambientale del cibo che portiamo in tavola.

Parliamo dell’Eco-score,  in grado di indirizzare e sensibilizzare i consumatori verso acquisti rispettosi dell’ambiente e incoraggiare anche i produttori a rendere ciò che vendono più virtuoso.

L’Eco-score è proposto congiuntamente da diversi strumenti digitali che condividono l’ambizione comune di creare un semplice strumento per ridurre l’impatto del cibo sul pianeta.

È già dal 7 gennaio che oltre 10 applicazioni e siti, tra cui Yuka, Open Food Facts, Marmiton o il sito online di alimenti La Fourche, propongono tale punteggio ambientale.

@score-environnemental

Come funziona l’Eco-score

L’Eco-score è un indicatore che rappresenta graficamente l’impatto ambientale dei prodotti alimentari. Come il Nutri-score, che fornisce informazioni sull’impatto sulla salute degli alimenti, l’Eco-score presenta un punteggio da A (per i prodotti con l’impronta ambientale più bassa) ad E (per quelli con il più alto impatto) e un codice colore che va dal verde al rosso.

In pratica i prodotti migliori, con punteggio da 80 a 100 si meritano una A e l’immagine (una fogliolina) è verde, quelli con punteggio da 60 a 80 sono invece contrassegnati da una B (sempre verde ma più chiaro) mentre quelli da 40 a 60 guadagnano una C di colore giallo.

Si prosegue con la fogliolina arancione che corrisponde ad una D (da 20 a 40) e rossa con una E per i punteggi da 0 a 20 (i peggiori).

C’è da dire però che mentre il Nutri-score è stato progettato da un team di ricercatori sulla base di pubblicazioni scientifiche e distribuito da un’agenzia pubblica (Public Health France), l’Eco-score è un’iniziativa privata.

Per stabilire questo indicatore, i suoi promotori si sono affidati al database Agribalyse dell’Agenzia per l’ambiente e la gestione dell’energia (Ademe), ponderato da un sistema bonus-malus che tiene conto della riciclabilità di imballaggi, etichette, paese di origine, stagionalità, ecc.

L’impatto ambientale tiene conto di diversi fattori sull’inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli oceani e del suolo, nonché degli impatti sulla biosfera:

  • Emissioni di gas serra (CO2)
  • Distruzione dello strato di ozono
  • Emissioni di particelle fini
  • Ossidazione fotochimica
  • Acidificazione
  • Radioattività
  • Esaurimento delle risorse idriche
  • Inquinamento dell’acqua dolce
  • Impoverimento delle risorse non rinnovabili
  • Eutrofizzazione (terrestre, d’acqua dolce e marina)
  • Uso del suolo
  • Perdita di biodiversità

Anche se l’idea di partenza è buona, non tutti sono soddisfatti di come è stato realizzato e criticano i calcoli complessi con cui si realizza l’Eco-score che, a loro dire, rischiano di favorire in realtà l’agricoltura intensiva e l’analisi del ciclo di vita “privilegiando i cicli di produzione più brevi, e quindi più industriali”.

Anche gli alimenti prodotti fuori dalla Francia o addirittura dall’Ue non riceveranno automaticamente un punteggio basso ma dipenderà dal prodotto, dato che la maggior parte dell’impatto è associato ad agricoltura, allevamento e produzione mentre il trasporto rappresenta dal 5% al 30% dell’impatto. Ciò significa che, potenzialmente, una banana importata dal Sud America, potrebbe avere un punteggio migliore di un pomodoro coltivato localmente ma fuori stagione in serra.

Fonti: Score Environment / Le Monde

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