Plastica liquida nei detersivi per il bucato: i marchi e i prodotti che ne contengono di più

Non solo microplastiche solide. Nei detersivi più comuni c'è plastica anche in forma liquida o solubile. Lo rivela la nuova analisi di Greenpeace

Anche nel detersivo che usiamo per il bucato o per pulire le superfici e le stoviglie è presenta la plastica. Liquida, semisolida o solubile, ce n’è per tutti i gusti ma il finale è sempre lo stesso: finisce in mare avvelenandone le acque e gli abitanti. A rivelarlo è stata una nuova analisi condotta da Greenpeace. Tra i marchi coinvolti Dash, Lenor, Fabuloso, Aiax, Chanteclair.

Il rapporto dal titolo “Plastica liquida: l’ultimo trucco per avvelenare il nostro mare” ha preso in esame le pagine web ufficiali delle principali aziende che producono detersivi in Italia unendo però una serie di indagini di laboratorio per individuare anche l’eventuale presenza di materie plastiche in forma solida inferiori ai 5 millimetri, le cosiddette microplastiche.

I risultati dello studio hanno rivelato che il 23% dei prodotti, quindi 1 su 5, contengono almeno un ingrediente in plastica: erano ben 427 dei 1.819 prodotti controllati sul web. D’altra parte, lo hanno confermato anche le aziende produttrici interpellate da Greenpeace. Esse infatti hanno riferito di utilizzare plastiche come ingredienti dei detergento, la maggior parte in formato liquido, semisolido o solubile anziché solido.

Greenpeace ha selezionato 31 prodotti di 23 aziende e per 20 di queste è riuscita a risalire alla lista degli ingredienti della maggior parte dei loro prodotti. Dei 31 prodotti analizzati, in due è stata individuata la presenza di microplastiche (quindi solide) in polistirene.

Secondo le analisi delle pagine web, le aziende con una percentuale maggiore di prodotti con plastica sono:

  • Procter & Gamble (53% con prodotti a marchio Dash, Lenor e Viakal),
  • Colgate–Palmolive (48% con prodotti a marchio Fabuloso, Ajax e Soflan -)
  • Realchimica (41% con prodotti a marchio Chanteclair, Vert di Chanteclair e Quasar).

Al contrario la presenza di polimeri plastici non è stata rilevata tra i prodotti dei marchi Almacabio e Marbec e in numero molto esiguo in quelli dell’azienda Madel (2%).

Passando ai controlli effettuati in laboratorio per cercare eventuali particelle solide inferiori ai 5 millimetri (microplastiche), è emerso che erano presenti solo in due detergenti:

  • Omino bianco detersivo lavatrice color + dell’azienda Bolton
  • Spuma di Sciampagna Bucato Classico Marsiglia dell’azienda Italsilva.
Plastica liquida tabella

@Greenpeace

“Ogni giorno attraverso l’uso di detergenti per il bucato, le superfici e le stoviglie rilasciamo materie plastiche nell’ambiente e nel mare e per gran parte di queste – le plastiche in forma liquida e semisolida e/o solubile- non conosciamo ancora gli impatti” spiega Greenpeace.

Dal 2018 l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) sta lavorando a una proposta volta a vietare l’utilizzo di microplastiche aggiunte intenzionalmente in numerosi prodotti dai cosmetici ai detergenti. Essa permetterebbe di ridurrebbe il rilascio nell’ambiente di oltre 40 mila tonnellate di plastica ogni anno.

Ma tale proposta riguarderebbe solo la plastica in forma solida, escludendo tutte le altre ossia in forma liquida, semisolida e/o solubile riscontrare nei detersivi:

“Le aziende hanno già trovato il modo per aggirare questa futura restrizione, rinunciando alle microplastiche solide e ricorrendo alla plastica liquida o semisolida, continuando così a fare profitti a scapito del Pianeta” è la denuncia di Greenpeace.

Alcuni marchi, tra cui Coop e Unilever, a prescindere dalle future norme hanno già espresso la volontà di eliminare tali ingredienti entro il 2020.

A questo proposito, Greenpeace ha appena lanciato una petizione per chiedere al ministro dell’Ambiente Sergio Costa di sostenere la proposta dell’ECHA sulle microplastiche e inserire anche il divieto d’uso di plastiche liquide, semisolide e/o solubili applicando il principio di precauzione.

Per firmare la petizione clicca qui

Per leggere la versione integrale dello studio clicca qui

Fonti di riferimento: Greenpeace

LEGGI anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram