Da qualche anno a questa parte università e aziende si stanno concentrando sul recupero degli scarti alimentari, per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti trasformando questi ultimi in materie prime, come carta, carburante e bioplastiche. Si tratta di ricerche e sperimentazioni di grande interesse (oltretutto, alcune nascono proprio in Italia), che hanno aperto o che potrebbero aprire nuove prospettive sul tema della gestione degli scarti industriali e dei rifiuti domestici, con enormi vantaggi per l'ambiente.
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Da qualche anno a questa parte università e aziende si stanno concentrando sul recupero degli scarti alimentari, per risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti trasformando questi ultimi in materie prime, come carta, carburante e bioplastiche.
Si tratta di ricerche e sperimentazioni di grande interesse (oltretutto, alcune nascono proprio in Italia), che hanno aperto o che potrebbero aprire nuove prospettive sul tema della gestione degli scarti industriali e dei rifiuti domestici, con enormi vantaggi per l’ambiente.
Carta, pelle e colla dalle mele
Qualche settimana fa vi abbiamo proposto le brillanti intuizioni dell’ingegnere altoatesino Alberto Volcan, che ha brevettato un sistema per trasformare gli scarti industriali delle mele in carta, pelle ecologica e in una colla ad alta tenuta (CartaMela e PelleMela) Il punto di partenza del sistema ideato da Volcan è la raccolta dei residui della produzione di succhi di frutta che, essendo classificati come “rifiuto speciale”, hanno uno smaltimento particolarmente costoso. Da questi, attraverso un particolare procedimento di essicazione, si ottiene una duttile farina bianca ad alto contenuto di cellulosa, che è alla base della produzione dei nuovi materiali.
Combustibile dal cioccolato
Spostandoci in Inghilterra, la Ecotec, azienda che produce biodiesel riciclando l’olio di cottura degli alimenti, ha sperimentato una soluzione a dir poco originale, per fare concorrenza agli inquinantissimi combustibili fossili: ricavare il carburante dagli scarti del cioccolato. Il risultato è un combustibile alternativo, ecologico, a basso costo e affidabile, come ha dimostrato nel 2007 la spedizione BioTruck Drive to Timbuktu, un’iniziativa nata con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di ridurre le emissioni di CO2. Il giornalista inglese Andy Pag e l’appassionato di motori John Grimshaw hanno affrontato un avventuroso viaggio on the road, che dal Regno Unito li ha portati fino a Timbuktu, in Mali, dopo aver attraversato il deserto del Sahara. Durante la BioTruck Drive to Timbuktu, Pag e Grimshaw, hanno percorso ben 7.200 km su una jeep alimentata dal biocarburante derivato da ben 80.000 tavolette di cioccolato. Un risultato davvero considerevole.
Bioplastiche dal pomodoro
Tornando in Italia, tra le vie percorribili per combattere l’inquinamento determinato dalla plastica c’è la produzione di polimeri naturali biodegradabili, di origine non petrolchimica: delle plastiche ecologiche, insomma. Tra i pretendenti al ruolo di “materia prima alternativa” ci sono gli scarti della lavorazione industriale del pomodoro, una possibilità sostenuta da una ricerca del Cnr datata 2008. La ricerca parte da due presupposti fondamentali: da un lato, l’importanza dell’industria dei derivati del pomodoro (come pelati e passate) in Italia, che è il secondo produttore mondiale del settore; dall’altro, l’ingente quantità di rifiuti, in prevalenza bucce e semi, che la lavorazione industriale del pomodoro comporta, con costi di smaltimento elevati e un notevole impatto ambientale. Recuperare gli scarti di pomodoro consentirebbe quindi di risolvere due problemi, economico (per le aziende) e ambientale (per tutti noi), in un colpo solo.
Nonostante la sperimentazione abbia fin qui portato degli ottimi risultati, la diffusione di questa pratica ecosostenibile tutta Made in Italy ha incontrato un ostacolo di natura economica: al momento, infatti, le procedure di trattamento degli scarti del pomodoro risultano essere più costose delle comuni procedure di produzione della plastica da fonti non rinnovabili. Un problema non è irrilevante, ma che si potrebbe risolvere andando avanti con la ricerca e affinando tecniche e strumenti.
Energia pulita dal caffe’
Restiamo in Italia, presso “La Sapienza” di Roma, per stupirvi con un’ultima, interessantissima, intuizione: il recupero dei fondi del caffè e la loro trasformazione in antiossidanti e in energia pulita. In questo caso, non stiamo parlando di scarti dell’industria alimentare, ma di veri e propri rifiuti domestici: quei residui che restano dopo aver preparato l’immancabile caffè della colazione nella macchina a capsule o nella moka. Oltre ad essere utilizzati per migliorare le condizioni del terriccio delle vostre piante da vaso, è scientificamente provato che questi scarti possono avere anche una seconda e una terza vita. Dopo aver sottoposto i fondi ad un primo processo di estrazione, attraverso il quale si recuperano i polifenoli presenti, si ottengono dei residui dotati di un enorme potere calorifico, persino superiore a quello del legno da combustione di buona qualità. Tali residui possono essere utilizzati sottoforma di pellet, per alimentare stufe e caldaie.
L’idea di recuperare i fondi del caffé è molto interessante (anche perché ci mostra un mondo della ricerca italiano attento e attivo, nonostante le mille difficoltà), ma dobbiamo tenere presente che potrebbe essere praticato solo nel contesto di una buona raccolta differenziata, e quindi necessiterebbe dell’impegno delle Amministrazioni locali e di tutti i cittadini. Vale a dire: c’è bisogno di pazienza, buona volontà e collaborazione per mettere in pratica le ottime soluzioni che il nostro Paese è in grado di sfornare.