Ieri sul tetto della FAO a Roma è stato inaugurato il primo orto urbano bio d'Italia completamente autosufficiente
Un orto urbano totalmente autosufficiente? Non è un’utopia, in Italia è già realtà. Proprio ieri è stato inaugurato il primo orto biologico di questo tipo sul tetto della FAO (Food and Agriculture Organization) di Roma. Questo esperimento si pone una serie di ambiziosi obiettivi: esplorare la possibilità di replicare giardini pensili biologici in altre realtà per alleviare la carenza di cibo nei sistemi urbani più fragili, supportare le città nella lotta contro la crisi climatica; e sviluppare semi resistenti ai cambiamenti del clima e alla desertificazione (che interessa anche alcuni territori italiani).
A realizzare il rivoluzionare Bio-Orto la pluripremiata start-up italiana Ecobubble, in collaborazione con l’Orto Botanico dell’Università la Sapienza. L’orto urbano ospita varietà biologiche, tra cui alcune a rischio di estinzione, la cui selezione e coltivazione è stata curata da NaturaSì insieme a Slow Food, membri della Mountain Partnership (alleanza dell’ONU nata con lo scopo di migliorare la vita delle popolazioni di montagna e salvaguardando la biodiversità).
Abbiamo messo insieme la volontà, la determinazione e la competenza di soggetti che da anni si adoperano per garantire il diritto di tutte le popolazioni di vivere in un ambiente sano grazie anche a sistemi agroalimentari più efficienti, inclusivi, resilienti e sostenibili – ha commentato Fausto Jori, Amministratore delegato di NaturaSì. – Il Bio-Orto vuole essere un esempio, un’esperienza replicabile in altre realtà per promuovere un’agricoltura urbana capace di dare ossigeno e cibo sano.
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Il primo orto bio che “dialoga” con le piante
Ma come “funziona” esattamente questo orto? Come anticipato, si tratta del primo esperimento di orto urbano in Italia completamente domotizzato, cioè autosufficiente, attraverso un sistema che si basa sull’osservazione informatizzata dello stato di salute della pianta e sulla rilevazione del contenuto di acqua presente nel terreno.
Grazie a quest’innovazione è possibile garantire alle coltivazioni la fornitura del quantitativo di acqua necessario attraverso coefficienti matematici specifici. In pratica sono le piante stesse, tramite la loro luce riflessa, che suggeriscono cosa fare per raggiungere e mantenere una rigogliosità ottimale. Tra le varietà biologiche coltivate sulla terrazza dell’orto ve ne sono anche alcune a rischio di estinzione, tra cui ad esempio il peperoncino Papecchia, il cavolfiore violetto catanese, la cicoria catalogna di Brindisi, il sedano nostrano di Altavilla, il peperone Sweet Julie.
Tutte queste coltivazioni saranno ospitate all’interno di contenitori a forma triangolare dotati di rotelle, che ne permettono la mobilità e quindi la possibilità di disporli in diverse configurazioni, ottimizzando lo spazio a disposizione. Questi moduli sono dotati di meccanismi per il drenaggio dell’acqua per evitare danni causati da precipitazioni troppo abbondanti.
Ci auguriamo che il bio-orto appena inaugurato a Roma sia soltanto il primo di una lunga serie nel nostro Paese e nel resto del mondo!
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