Con la Torre probiotica del Cairo si cerca di combattere il cambiamento climatico nelle città. Il progetto sperimentale ha recentemente vinto il premio Carbon, Climate & Energy al World Architecture Festival 2023
Immaginate se tutti gli edifici di ogni città del mondo contribuissero attivamente alla creazione di un ambiente piacevole e sano. È quello che hanno fatto i progettisti della Design & More International del Cairo e di Dubai con la Cairo Probiotic Tower, trasformando un edificio informale in una torre che assorbe CO2, crea biocarburante e distribuisce acqua al quartiere.
Islam El Mashtooly, fondatore di Design & More, ha spiegato come stiano riutilizzando le infrastrutture del passato per rimediare agli errori precedenti e creare edifici a emissioni zero. Insieme ai progettisti Hossam Elyamani, Steven Velegrinis e Abdallah El Mnyawy, El Mashtooly ha creato un progetto che ha vinto il premio “Future Project of the Year” al World Architecture Festival 2023, avendo precedentemente vinto il premio Carbon, Climate & Energy nello stesso anno.
Considerando gli edifici come organismi probiotici in grado di fare più bene che male, il progetto pone la questione di come guarire i paesaggi urbani. L’obiettivo è cambiare l’idea che l’urbanistica sia una piaga sulla Terra, una crescita batterica che consuma il potenziale naturale del mondo.
Si può pensare a una nuova classe di edifici che guariscano i nostri paesaggi urbani? La risposta è semplicemente non costruire. Gli edifici più verdi che potremo mai abitare sono quelli che già esistono e ce ne sono milioni.
Come funziona il progetto
Il team di progettisti ha scelto dunque un tipo di edificio che è diventato comune nelle città egiziane, guardando al suo potenziale piuttosto che alla sua eliminazione. Le torri dell’acqua sono infatti in funzione da tempo, per pressurizzare l’acqua e distribuirla all’ambiente circostante.
Design & More ha cercato di migliorarne la funzione, riutilizzando queste infrastrutture per affrontare positivamente il cambiamento climatico come sistema adattivo per le città. L’idea è quella di riconvertire l’edificio in una sorta di macchina urbana probiotica.
Al centro del progetto c’è un grande bioreattore di alghe che consuma la CO2 del quartiere e costituisce una materia prima per il biocarburante a zero emissioni per gli abitanti. I pannelli di alghe montati sulla facciata sud assorbono CO2 dall’atmosfera, mentre una piantagione di bambù in loco e un impianto di produzione di legno lamellare di bambù fanno crescere i componenti modulari e forniscono impalcature di sostegno intorno alla torre.
La struttura ospita anche dei canneti che trattano le acque reflue e sequestrano ulteriore carbonio nella biomassa. Questa biomassa viene poi raccolta come ulteriore materiale da costruzione e biomassa che può essere trasformata in biodiesel. La biomassa delle alghe e delle canne viene lavorata in un laboratorio di biodiesel in loco e l’energia viene combinata con quella raccolta dai pannelli fotovoltaici dell’edificio.
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