Il centro di ricerche Enea, durante prove in laboratorio, ha verificato un sistema di rinforzo strutturale poco invasivo a base di fibra di vetro.
Monitoraggio sismico: un particolare intonaco realizzato con una serie di materiali compositi – già in uso nei settori aeronautico e automobilistico – potrebbe rinforzare le abitazioni nelle zone a rischio terremoti. È questo l’obiettivo del centro di ricerche Enea, che durante prove in laboratorio ha verificato un sistema di rinforzo strutturale poco invasivo a base di fibra di vetro. Rigorosamente Made in Italy.
In collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre, sono così stati effettuati dei test alle tavole vibranti del Centro Ricerche ENEA Casaccia, eseguiti su una struttura a U formata da tre pareti in malta e tufo, aperture asimmetriche e tetto in travi di legno.
I test sono stati svolti sulle tre pareti, di cui una centrale e due laterali, che già a novembre scorso erano state portate a danneggiamento dopo essere state sottoposte a scosse che riproducevano i terremoti a intensità crescenti di Nocera Umbra (1997), L’Aquila (2009), Emilia (2012) e Norcia (2016).
Per prendere misura dell’aumento della “capacità sismica”, due pareti su tre sono state riparate e rinforzate con un intonaco armato con rete in fibra di vetro, un sistema di rinforzo a basso costo e realizzabile senza la necessità di evacuare le abitazioni.
Ebbene “le pareti rinforzate con questa rete in fibra di vetro hanno resistito a sismi amplificati al 220% di intensità, quindi oltre il doppio rispetto ai terremoti più violenti del 2016, mentre la parete non rinforzata ha riportato forti lesioni già a intensità 120%, quindi in concomitanza delle accelerazioni al suolo del sisma di due anni fa – spiega Gerardo De Canio, responsabile Laboratorio Tecnologie per l’Innovazione Sostenibile dell’Enea. Per contrastare la tendenza al ribaltamento, quest’ultima parete è stata riparata applicando una barra d’acciaio, la cosiddetta ‘catena’, in modo da consentire alla struttura di raggiungere lo ‘stato limite ultimo’, cioè il valore estremo della capacità portante, a dimostrazione dell’efficacia dell’intervento”.
La parte innovativa riguarda una rete di materiale composito applicabile sulla superficie esterna dell’edificio. Si tratta di materiali compositi “già in uso nei settori aeronautico e automobilistico, ma non in quello edilizio, per questo auspichiamo che questi risultati siano pionieri dell’innovazione anche in questo settore così importante”, commenta Gianmarco De Felice, dell’Università degli studi Roma Tre e coordinatore del progetto.
Proteggere gli edifici dal rischio terremoti è quindi possibile, così come recuperare le strutture esistenti tramite un’utilizzazione più ampia delle moderne tecnologie. Questo innovativo intonaco “armato” Made in Italy potrà fare la differenza, ma la prevenzione dei danni causati da un terremoto, lo sappiamo bene, sarebbe dovuta cominciare almeno mezzo secolo fa.
Germana Carillo