LilyPad: la città anfibia a forma di ninfea

Quella di Lilypad è la storia di un sogno. Nato nella mente creativa di un giovane architetto belga, Vincent Callebaut, il progetto avveniristico di Lilypad si ispira alla perfezione della natura. Il modello è infatti la foglia di un fiore acquatico: la ninfea che scientificamente porta il nome di Amazonia Victoria Regia in onore della regina Victoria, cui nel XIX secolo fu dedicata la scoperta di questa specie da parte del botanico tedesco Thaddeaus Haenke.

Quella di Lilypad è la storia di un sogno. Nato nella mente creativa di un giovane architetto belga, Vincent Callebaut, il progetto avveniristico di Lilypad si ispira alla perfezione della natura. Il modello è infatti la foglia di un fiore acquatico: la ninfea che scientificamente porta il nome di Amazonia Victoria Regia in onore della regina Victoria, cui nel XIX secolo fu dedicata la scoperta di questa specie da parte del botanico tedesco Thaddeaus Haenke.

L’ambizione è grande almeno quanto il nome: il sogno di Callebaut è infatti quello di creare – basandosi sui principi della biomimetica– la prima città anfibia della storia, a metà tra terra e acqua e in totale armonia con la natura.

Sappiamo bene – anche perché ce lo sentiamo ripetere in continuazione – che a causa dell’uomo la terra si sta surriscaldando, e che il livello dei mari minaccia di innalzarsi pericolosamente: lo scioglimento dei ghiacci perenni situati sulla terraferma, in Groenlandia e nell’Antartico, promette di erodere progressivamente tratti sempre più ampi delle coste. Un innalzamento di un metro cancellerebbe buona parte delle coste in Olanda, Egitto e Bangladesh. Due metri di acqua in più spazzerebbero via New York, Bombay, Calcutta, Miami, Djakarta, Shanghai, Alessandria.. il tutto devastando non solo popoli e paesi, ma anche grandi ecosistemi. In termini di sfollati, ecoprofughi, la previsione è di quasi 230 milioni di persone costrette a migrare, senza contare la fetta di popolazione che si sta insediando appena adesso in queste aree urbane, incurante del fatto che nel giro di relativamente poco tempo potrebbero essere inghiottite dal mare.

lilypad_pl29m

Lilypad nasce innanzitutto in previsione di questa emergenza, ma non solo: essendo progettata in modo da essere interamente autosufficiente, nel caso in cui venisse realizzata questa città anfibia permetterebbe di rispondere alla quattro sfide lanciate dall’OECD, e riguardanti cioè clima, biodiversità, acqua e salute.

Così come la foglia di ninfea a cui è ispirata, Lilypad ha una forma plastica, morbida, é fatta per scivolare sull’acqua, per seguire le correnti e le stagioni, per approfittare del sole, della pioggia e dei venti. Rispetto alla sua matrice vegetale, però, é 250 volte più grande: dovrebbe poter ospitare fino a 50.000 persone. La “pelle” di Lilypad é fatta di fibre di poliestere ed é ricoperta di biossido di titanio: reagendo ai raggi ultravioletti quest’ultimo assorbe l’inquinamento atmosferico.

Grazie all’integrazione complessa di tutte le forme di energia alternativa, dei processi di depurazione naturale (fitodepurazione) e del trattamento delle biomasse organiche, la città anfibia vanterebbe zero emissioni e addirittura finirebbe con il produrre più energia di quanta non ne consumerebbe.

Una vera e propria ecopoli riciclabile e galleggiante insomma, capace di stimolare autonomamente processi di rigenerazione(resilienza) e di rendersi autosufficiente anche dal punto di vista alimentare.

Equilibrata anche nella distribuzione “geografica”, la città ideale sarebbe delimitata da tre aree marine e tre zone montagnose, che circonderebbero un profondo cuore acquatico centrale, una vera e propria zavorra d’acqua attorno alla quale sviluppare la vita cittadina. Le sei aree sarebbero adibite alle attività lavorative e ricreative, mentre la laguna centrale, che affonderebbe ben al di sotto del livello del mare, ospiterebbe floride acquacolture.

Lilypad incarnerebbe un sogno ambizioso e complesso. Ma la vedremo davvero galleggiare al largo delle nostre coste, un giorno?

Nessuno può dirlo.

 

Per quanto il progetto sia stato concepito nei dettagli e presenti innumerevoli spunti innovativi, rimane l’ostacolo più grande: un costo immenso, che di certo i “rifugiati” del futuro non potranno permettersi.

Ma la speranza é che progetti come questo facciano vibrare le corde giuste, ci sensibilizzino, ci rendano più consapevoli e partecipi dei destini dell’umanità su questa terra.

E chissà che pian piano le nostre città non comincino a trasformarsi in questa direzione, trascinate dalla voglia di perseguire idee audaci come questa.

Per saperne di più: http://www.vincent.callebaut.org/planche-lilypad_pl04.html

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram