Le Baugruppe: esperienze di progettazione partecipata per case più economiche e sostenibili

Un nuovo trend si sta diffondendo nel mondo dell’architettura: quello delle Baugruppe – dal tedesco baugruppen, “gruppi di costruzione” – delle esperienze di progettazione partecipata e di edilizia collaborativa, in cui delle persone che aspirano ad avere una casa di proprietà si uniscono per realizzare insieme il proprio “condominio ideale”.

Un nuovo trend si sta diffondendo nel mondo dell’architettura: quello delle Baugruppe – dal tedesco baugruppen, “gruppi di costruzione” – delle esperienze di progettazione partecipata e di edilizia collaborativa, in cui delle persone che aspirano ad avere una casa di proprietà si uniscono per realizzare insieme il proprio “condominio ideale”.

L’idea è nata qualche anno fa in Germania, in risposta ai prezzi sempre più alti degli immobili. La caratteristica principale delle Baugruppe è di essere progetti multifamiliari realizzati dalle stesse persone che dovranno risiedervi, modellati sulle loro esigenze e, nella maggior parte dei casi, completamente autofinanziati.

Ciascun aspirante proprietario investe nel progetto la propria quota e partecipa attivamente alla sua realizzazione, dando input precisi e fissando esigenze e priorità. Una volta che il gruppo ha le idee chiare, viene chiamato in causa un architetto (ammesso che una simile figura non sia già presente tra gli aspiranti proprietari).

Solitamente, la progettazione partecipata permette di ricorrere a soluzioni più innovative, ad esempio sul fronte dei materiali selezionati e delle scelte architettoniche, e ad una maggiore attenzione alla sostenibilità e all’efficienza energetica delle abitazioni, dato che il progetto scaturisce dal confronto e dalla collaborazione delle stesse persone che vi andranno ad abitare.

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Oltre ad essere realizzato su misura, un modulo abitativo all’interno di una Baugruppe ha un prezzo inferiore rispetto alle soluzioni che si trovano solitamente sul mercato. Il risparmio – che in Germania è stimato tra il 15% e il 25% a seconda della città che si prende in considerazione – dipende soprattutto dalla totale assenza di intermediari: non c’è un costruttore esterno al gruppo che fa progettare gli edifici e li realizza per poi venderli (dovendo, come è ovvio, ricavarne un profitto), e non è necessaria un’agenzia immobiliare che metta gli appartamenti sul mercato.

Tuttavia, il risparmio sui costi comporta tempi di progettazione e costruzione più lunghi rispetto alla media, oltre che qualche rischio: inevitabilmente, infatti, il processo decisionale è più articolato, perché tutti i futuri inquilini devono trovarsi d’accordo sul progetto finale, ed è necessario che il gruppo sia coeso e affiatato e – soprattutto – che nessuno si defili in corso d’opera.

L’esperienza delle Baugruppe ha numerose affinità con il cohousing, anche se le due pratiche non sono del tutto sovrapponibili. Solitamente (ma non si tratta di una regola assoluta), il cohousing porta a realizzare edifici che hanno uno sviluppo più orizzontale che verticale (come ad esempio le case a schiera) e che sono organizzati intorno a delle aree comuni e/o ad una casa comune, dove si possono tenere cene ed eventi di gruppo.

Nella maggior parte dei casi, invece, le Baugruppe sono edifici a più piani e multifamiliari (non c’è un limite al numero di unità abitative realizzabili) e non presentano l’obbligo di spazi o strutture comuni, anche se molte li incorporano comunque (come giardini, sale fruibili da tutti i residenti, terrazze sul tetto, camere per gli ospiti…). Le Baugruppe, insomma, nascono dall’iniziativa di una comunità ma non comportano necessariamente un tipo di vita “comunitaria”: tutto dipende dalla volontà e dalle scelte di chi partecipa alla progettazione.

Negli ultimi anni, la passione per le Baugruppe si è diffusa in diverse città tedesche, grazie anche all’esistenza di regole e sgravi fiscali che facilitano lo sviluppo di progetti di edilizia collaborativa, oltre che di forme di finanziamento ad hoc da parte delle banche.

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I centri più interessati dal fenomeno sono stati, in modi molto diversi tra loro, Friburgo, Amburgo, Berlino e Tubinga: in alcuni casi, il motore dei progetti è stata la città stessa, in altri l’iniziativa è scaturita ed è stata portata avanti dai privati. Attualmente, il concept sta iniziando ad attecchire anche in altre zone della Germania, così come in altri Paesi europei, quali Austria, Francia e Gran Bretagna.

Alcune città tedesche hanno destinato a questo tipo di progetti delle aree urbane dismesse e da riqualificare, ponendo anche dei vincoli specifici: in genere, si tratta di adottare soluzioni edilizie sostenibili, di realizzare edifici efficienti dal punto di vista energetico e di prevedere la presenza di aree verdi fruibili anche dai non residenti.

L’obiettivo è creare nuovi quartieri ospitali, vivibili, dotati di tutti i servizi e alla portata di (quasi) tutte le tasche, per affrontare in modo efficace il problema della carenza di alloggi, senza cedere alla logica della speculazione edilizia.

Lisa Vagnozzi

Photo Credits: The Urbanist / Newton Project

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