Risale alla notte dei tempi, è molto resistente all’usura ed è composta da materiali naturali che ne rafforzano l’aura green. Bastano questi elementi a garantirne la sostenibilità della ceramica?
Saranno i suoi 12.000 anni, i toni caldi della lavorazione al naturale o lo stretto legame con il mondo dell’artigianato locale a tingere di verde l’immagine commerciale legata ai prodotti in ceramica? Vasi, statuine, mattonelle che prendono forma direttamente dall’argilla, dalla sabbia, dal quarzo e da altri componenti naturali che, insieme, si trasformano in una pasta malleabile da modellare a piacimento.
Tutto questo ci fa pensare che la ceramica sia ecocompatibile al 100%. E infondo, perché non dovrebbe esserlo? Risale alla notte dei tempi, è molto resistente all’usura ed è composta da materiali naturali che ne rafforzano l’aura green. Ma bastano questi elementi a garantirne la sostenibilità?
Le aziende sul mercato fanno leva proprio su questi punti, ma la realtà è leggermente diversa. Cerchiamo di capire insieme quanto la ceramica sia buona con l’ambiente e come riconoscere quella più buona in commercio.
Per prima cosa, che cos’è la ceramica?
La definizione formale che troverete su un qualsiasi dizionario cita: “Impasto di materiale plastico argilloso, argilla, creta o caolino, e acqua, modellato, essiccato e cotto in apposito forno, usato per la fabbricazione di porcellane, terrecotte, maioliche e simili”.
La ceramica è quindi una lavorazione che può dare diversi risultati che vanno dalle maioliche, ai gres e dalle porcellane alle più comuni terrecotte. In questa lavorazione è importante considerare due aspetti che hanno delle ricadute sull’ambiente:
- l’energia necessaria per la fase di cottura;
- l’applicazione di smalti per le rifiniture.
Le due operazioni non sono sempre eco-friendly. L’energia impiegata dalle fornaci per cuocere l’impasto è altissima, il processo di cottura supera quasi sempre i 1000°C e può durare anche molte ore. La terracotta, per esempio, richiede più fasi di cottura che vanno dai 960 ai 1030 °C, la ceramica High-Tech va dai 1400 ai 1700 °C con aggiunta di caolino e allumina.
Gli ultimi sviluppi tecnologici nel settore delle fornaci hanno portato a concepire impianti a biomassa e solari. In questo modo è possibile ovviare al problema dell’immane dispendio energetico da fonti fossili richiesto per la produzione di ceramiche. Aziende che utilizzano queste speciali fornaci green, sono da premiare.
La smaltatura, invece, garantisce al prodotto un’elevata tenuta nel tempo poiché protegge il pezzo dall’usura, ne facilita la pulitura e la manutenzione ma bisogna fare molta attenzione al tipo di smalto impiegato. Assicuratevi che sia veramente naturale evitando, ad esempio, gli smalti piombici.
La ceramica è un materiale molto difficile da riciclare e quindi andrebbe portata in isole ecologiche o gettata nei rifiuti non riciclabili. Per i più volenterosi, invece, Simon Leach, simpatico ceramista inglese, direttamente dal suo laboratorio dà dei consigli utili per cimentarsi nel recupero della ceramica.
Energia, rifiniture e smaltimento sono i tre elementi che un consumatore attento dovrebbe tenere sotto controllo. Possiamo concludere che la ceramica è green?
Tutto dipende dalla serietà dell’azienda. Sicuramente un modo semplice e immediato per capire se stiamo facendo un buon acquisto arriva dalla certificazione. LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), ANAB (Associazione Nazionale per l’architettura bioecologica) ed ECOLABEL attestano la conformità agli standard internazionali richiesti dalla bioedilizia certificando il basso impatto ambientale del prodotto. La loro presenza sarà garanzia di sostenibilità.