Naufragio Costa Concordia: è corsa contro il tempo

Una corsa contro il tempo per scongiurare ogni danno ambientale. E le associazioni ambientaliste chiedono interventi immediati e regole e controlli più severi

Tanti i dubbi, i timori e le domande che sorgono sul . A una fra tutte vuole risposte l’Italia e il mondo intero. La stessa posta da direttamente al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini in una : Perché il grattacielo del mare di Costa Crociere naufraga dove è vietato il passaggio anche a un gozzo“?

Sabastano Venneri, responsabile nazionale Mare di Legambiente, e Umberto Mazzantini, responsansabile nazionale Isole Minori alzano la voce e chiedono maggiori tutele per i nostri mari e per le forme di vita che li abitano, contro la scarsa prevenzione e la mancanza di opportuni accordi internazionali.

La sicurezza prima di tutto, sottolienea Legambiente, che denuncia le gravi irregolarità di cui negli ultimi tempi si sono macchiate due grandi compagnie di navigazione: “C’è una nave del gruppo Grimaldi che trasporta sostanze pericolosissime che può decidere di navigare con una mare forza 10 sfidando la sorte. E c’è una nave da crociera del gruppo Costa che può avventurarsi a poche decine di metri dalla costa, laddove sarebbe proibito navigare anche a un gozzetto“.

E il famigerato scoglio della morte, secondo l’associazione, potrebbe essere un pezzo della zona A del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, la zona più delicata e, di conseguenza, quella a protezione integrale“.

Ma non sono solo queste le minacce che attanagliano i nostri mari. Ci sono i bracconieri che praticano la pesca illegale, i piratiche lavano abusivamente le cisterne in navigazione, c’è il tentativo di realizzare trivellazioni petrolifere fra le isole di Pianosa e Montecristo“.

Legambiente però ha accolto con favore le ultime novità introdotte dal Ministero Clini, che da qualche mese “ha ripristinato il servizio di prevenzione e intervento contro i rischi di inquinamento dopo anni di cancellazione, anni in cui ci siamo affidati alla buona sorte piuttosto che a un serio lavoro di pronto intervento“.

Questa la strada da percorrere. Ma intanto si corre contro il tempo per svuotare la Concordia dalle 2400 tonnellate di carburante chiuse ancora dentro il relitto: “Se i fusti tossici si dovessero aprire o se il carburante della Costa Concordia cominciasse a fuoriuscire dai serbatoi i costi connessi ai rischi per la salute dei cittadini e per l’economia turistica della zona sarebbero incalcolabili.

Dal canto suo, il ministro dell’Ambiente ha spiegato: “Lo stato di emergenza verrà dichiarato per consentire e attuare le misure necessarie in tempi rapidi ed evitare la dispersione in mare di oltre 2000 tonnellate di carburante. Abbiamo bisogno di procedere con urgenza“.

Ed è una vera e propria corsa contro il tempo: “Bisogna fare in fretta perché le condizioni meteoclimatiche stanno per cambiare e anche per evitare e per prevenire rischi ambientali, perché l’eventuale rottura di serbatoi avrebbe effetti difficilmente valutabili“. Effetti incalcolabili, com’è già successo con la Rena: “C’è il rischio che la nave vada più in giù e non esistono mezzi meccanici per trattenerla. Stiamo operando in una situazione veramente al limite“.

Temiamo che la nave possa spezzarsi e con essa quindi anche i serbatoi – ha detto Clini -, stiamo cercando di scongiurare questo rischio accelerando le operazioni di recupero del carburante dai serbatoi. Questa operazione però – ha sottolineato il ministro – non deve compromettere quella di recupero di possibili dispersi“.

Entro oggi intanto la Costa dovrebbe consenare il piano di lavoro per svuotare i serbatoi, ed entro 10 giorni quello per rimuovere la nave. Oltre alla perdita del carburante, si teme anche che la nave possa scivolare verso il fondale. A quel punto, non sarebbe più possibile trattenerla. Secondo Clini, la cosa migliore sarebbe quella di “tamponare la falla creata e portare la nave in linea di galleggiamento. Questo consentirebbe di trascinare la nave lontano dal punto in cui si trova ora, per operare. Ma al momento non siamo di grado di dire se questa opzione è praticabile“.

Anche il WWF si fa sentire, portando all’attenzione il problema del controllo delle rotte all’interno del Santuario internazionale dei Cetacei, un’area marina preziosa per la biodiversità, interessata ogni anno da oltre 10.000 transiti commerciali senza alcun obbligo di rotte certe e senza alcun riscontro satellitare costante, mentre l’unica attività ad alto impatto veramente vietata è quella delle gare motonautiche offshore“.

Secondo il WWF, manca una regolamentazione in grado di tutelare questa preziosa area: “In assenza di regole basilari che sono state troppe volte rinviate, il Santuario dei Cetacei, istituito nel 1999, non è in grado di tutelare adeguatamente i propri beni ambientali e paesaggistici, e perde totalmente la sua ragion d’essere, tanto da poter essere dichiarato un sostanziale fallimento. Ne sono gli esempi più recenti il drammatico incagliamento della Costa Concordia al Giglio e quanto accaduto all’alba del 17 dicembre 2011, quando l’Eurocargo Venezia della Grimaldi Lines, ha perso due semirimorchi trasportati in coperta, contenenti tonnellate di un catalizzatore al cobalto-nichel estremamente inquinante a sud dell’isola di Gorgona, a una ventina di miglia dalla costa e a una profondità variabile tra i 120 e 600 metri, per un totale di 198 fusti metallici non ancora recuperati“.

Per questo gli ambientalisti, chiedono l’istituzione di un tavolo di confronto per prevenire che incidenti di tale natura possano compromettere gli ecosistemi marini“.

E lancia un appello anche a Costa affinché “continui a garantire la massima attenzione per scongiurare ogni tipo di impatto ambientale potenzialmente annesso alla tragedia, a partire dal rischio di sversamento di carburante che fino ad ora è stato mantenuto sotto controllo“.

Il Mediterraneo, un mare da tutelare, ad ogni costo. Servono nuove regole e soprattutto controlli puntuali visto che “sulle coste del Mediterraneo non solo insistono 750 porti turistici e 286 porti commerciali, ma anche 13 impianti di produzione di gas e 180 centrali termoelettriche.

Questo sistema interessa la movimentazione di oltre 2000 traghetti, 1500 cargo, 300 navi cisterna, centinaia di imbarcazioni commerciali” continua l’associazione. “Stime delle Nazioni Unite attestano che il Mediterraneo ogni anno è attraversato da oltre 200mila transiti. La sicurezza nasce dunque non solo dal fissare regole, ma anche dal farle rispettare garantendo i necessari controlli“.

E dopo il fattaccio della Costa Concordia, ne siamo più che mai convinti.

Francesca Mancuso

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