Xylella: in arrivo il decreto che obbliga a utilizzare pesticidi che uccideranno il biologico salentino..e le api!

Xylella, entra in vigore l'obbligo di utilizzare un pesticida imposto dalla Commissione Europea vietato in agricoltura biologica e gravemente nocivo per le api. A rischio le aziende bio che perderanno le certificazioni e tutti gli insetti impollinatori.

Xylella fastidiosa, dopo l’abbattimento in blocco di ulivi secolari per far fronte all’emergenza, arriva dall’Unione Europea un nuovo decreto che obbliga gli agricoltori a utilizzare insetticidi non ammessi in agricoltura biologica, uno dei quali, tra l’altro, accusato di essere dannoso per le api. Il tutto a partire da questo maggio.

In pratica a partire dal prossimo mese anche le aziende che producono olio bio saranno obbligate ad utilizzare sostanze che servono a distruggere gli insetti che trasmettono il batterio della Xylella (Philaenus Spumarius, comunemente noto come ‘sputacchina’): queste però perderanno la certificazione biologica (nonché il mercato) a meno che, nel frattempo, non riescano a far autorizzare alternative ammesse in agricoltura biologica.

E pensare che tali alternative esisterebbero: una ricerca tutta italiana condotta proprio in Salento, infatti, aveva messo in luce un trattamento a base di rame e zinco, completamente naturale e compatibile con l’agricoltura bio. E non solo, altre sostanze naturali potrebbero analogamente contrastare l’insetto.

Ma perché queste alternative non possono essere usate? Dobbiamo per forza ancora danneggiare le api? Per saperne di più, abbiamo intervistato i principali attori di questa lunga (e dolorosa) vicenda.

Agricoltura biologica e api a rischio

xylella decreto 2018 api

“L’obbiezione è relativa al fatto che si stanno facendo trattamenti senza aver campionato e monitorato la situazione. Questo da un punto di vista tecnico è un errore, perché, quando si tratta ma non c’è il bersaglio, si immettono nell’ambiente principi attivi nocivi, e soprattutto si rischia di creare resistenza tuona Vincenzo Vizioli, Presidente dell’Associazione Agricoltura Biologica Italiana (AIA).

“Il decreto impone l’utilizzo di due prodotti, di cui uno è un neonicotinoide (acetamiprid, N.d.R.), per i quali si è chiesto il divieto in quanto fortemente nocivi per le api. Tutti e due comunque in biologico non possono essere usati”.

Vizioli ci descrive un disastro annunciato. Gli agricoltori biologici non potranno più avere la certificazione se useranno prodotti ammessi solo nei metodi convenzionali, ma soprattutto si rischia di imporre una sostanza pericolosa per le api, già terribilmente sofferenti da molto tempo a causa dei pesticidi e altre cause umane.

Non c’è veramente nulla che si possa fare per contrastare Xylella ma evitare di nuocere ancora alle api e perdere l’agricoltura biologica del Salento?

“I possibili prodotti ammessi in biologico sono diversi – ci spiega Vizioli – quindi noi chiediamo che, qualora persistesse l’obbligo di trattamento, nelle aziende biologiche questo venga fatto con tali prodotti. Altrimenti queste aziende, oltre a vedersi ritirato il certificato, dovrebbero ripercorrere tutto il periodo di conversione (contratti, mercato)”.

Accanto al trattamento basato su rame e zinco, infatti, in biologico sono stati elaborati in passato altri metodi agronomici e prodotti a bassa tossicità e persistenza ammessi dal regolamento, e alcuni di loro sembrano efficaci contro la sputacchina, quali il piretro naturale e i sali di potassio, nonchè prodotti a base di olio essenziale di arancio. “Questi, necessitano di autorizzazione ministeriale che, in clima di emergenza e obbligo di intervento, troverebbe ampia giustificazione” spiega Vizioli.

Non dello stesso avviso la Coldiretti, che però ammette i danni che l’agricoltura biologica subirebbe. “É chiaro che siamo di fronte ad una partita complessa – sostiene Gianni Cantele, Presidente di Coldiretti Puglia – Certo, c’è il rischio di perdere la produzione biologica, ma il rischio è di perdere tutta la produzione se non facciamo nulla per contenere il disastro. Bisognerà chiedere al Ministero la massima apertura, ammettendo magari altre molecole, ammesse in agricoltura biologica, che possano dare buoni risultati nel combattere il vettore di Xylella. Su questo è necessario l’aiuto della ricerca, che in tempi molto brevi deve metterci a disposizione altre sostanze attive”.

“Va fatto tutto anticipo però, purtroppo abbiamo pochi giorni. Una notizia recente è il ritrovamento di forme pre-adulte di sputacchina nella provincia di Lecce. Questi giorni di caldo che stiamo vivendo e che vivremo stanno accelerando il processo. Quindi abbiamo poco tempo per completare i lavori delle buone pratiche di abbattimento della popolazione della sputacchina”.

“Ancora oggi c’è una grave disattenzione sul problema – tuona Cantele – anche da parte del mondo agricolo, ma sopratutto delle amministrazioni locali e del demanio. Ancora oggi vediamo campi di oliveti dove le procedure per abbattere il vettore non vengono utilizzate. La lotta si può vincere se la facciamo tutti, con le stesse armi e allo stesso modo. Questo limiterebbe l’applicazione di altre misure più pesanti previste dalla normativa europea”.

Gli fa eco Gianluca Nardone, Direttore Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale ed Ambientale della Regione Puglia, che ricorda la gravità della situazione e precisa l’assoluta necessità di combattere anche con metodi chimici la sputacchina, chiamato insetto vettore perché porta il batterio da una pianta all’altra.

“Il contrasto alla diffusione della batteriosi deve necessariamente passare attraverso la lotta obbligatoria all’insetto vettore – spiega – unico responsabile della trasmissione della malattia. Per questo il Decreto prevede di intervenire tra marzo e aprile con mezzi meccanici, in modo da colpire la forma giovanile della sputacchina e tra maggio ed agosto con mezzi chimici, per contrastare la forma adulta che, essendo alata, migra sull’olivo”.

“È chiaro che la Regione Puglia punta soprattutto a favorire gli interventi meccanici ed infatti, nel mese di aprile, è stata condotta una capillare azione divulgativa, con il supporto dei carabinieri forestali, invitando soprattutto i privati e gli enti pubblici delle zone cuscinetto e contenimento ad arare i terreni o a trinciare le erbe spontanee nei terreni agricoli ed extragricoli”.

“È altrettanto ovvio che gli interventi meccanici possono fare molto ma non sono esaustivi. Per questo il Decreto prescrive di intervenire con insetticidi specifici. In particolare, il Ministero della salute ne ha autorizzati due contro il Philaenus Spumarius (sputacchina, N.d.R.). Tali principi attivi sono utilizzabili solo negli oliveti condotti in convenzionale ma non sono ammessi in agricoltura biologica”.

Una norma frettolosa?

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Stando alle parole della Regione ma anche della Coldiretti, sarebbe quindi necessario ora fare una vera e propria scelta tra il diffondersi di Xylella e l’agricoltura biologica. Detto così, la situazione appare triste e senza soluzione se non a costo di enormi sacrifici, tra l’altro potenzialmente non efficaci.

“La Regione Puglia è in procinto di attivarsi presso le autorità competenti, per avanzare richiesta di estensione di etichetta e/o di deroga per emergenza fitosanitaria, per prodotti già autorizzati su olivo in agricoltura biologica – spiega Nardone – Nel frattempo gli interventi obbligatori negli oliveti biologici possono essere effettuati con i principi attivi utilizzati nei confronti dei comuni parassiti dell’olivo quali tignola e mosca”.

Del tutto inutile, secondo AIAB. “Non è la garanzia che la Regione non tolga il premio alle aziende biologiche a risolvere la questione – spiega infatti Vizioli – Il problema è che queste aziende rischiano di uscire dall’unico mercato florido a disposizione“.

Ma perché i prodotti anti sputacchina ammessi in biologico non sono stati inseriti nell’elenco? “Perché a volte “si vuole tagliare il burro con l’accetta” – sostiene Vizioli – C’è una malattia molto simile che ha colpito i nostri castagni, e tutti quelli che hanno combattuto una guerra biologica adesso stanno riparlando di mercato, mentre quelli che hanno usato i metodi sistematici (convenzionali, N.d.R.), dovranno ricominciare, avendo abbattuto tutta la biodiversità nel castagneto. Non prendiamo mai insegnamento da niente”.

Norma frettolosa quindi? Secondo AIAB non solo frettolosa, ma anche irrispettosa del PAN (‘Piano Agricolo Nazionale per l’uso sostenibile dei presidi fitosanitari’), che detta i criteri obbligatori di corretto intervento, bypassato in nome dell’emergenza.

“Per rispondere alla richiesta della Commissione Europea si emana un decreto un po’ superficiale – conclude Vizioli – Ad esempio dire che i terreni vanno diserbati o trinciata l’erba significa dire due cose molto diverse. Il diserbo abbatte qualsiasi biodiversità del suolo, mentre la trinciatura dell’erba non permette alla sputacchina di proliferare efficacemente mantenendo però l’ecosistema del terreno, l’elemento fondante per mantenere l’equilibrio. E quando c’è equilibrio c’è meno rischio di infezione”.

Le buone notizie

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Non solo abbattimenti e insetticidi nocivi per le api, comunque. Il decreto infatti permette agli agricoltori di piantare nuovamente ulivi. Non ovunque, ma almeno sarà rimosso il divieto di piantare, che stava soffocando gli agricoltori locali.

Attualmente la Puglia con pericolo di Xylella è divisa in tre fasce: il Salento, la zona infetta, ovvero la parte di Regione interessata alla presenza del batterio, che parte da Santa Maria di Leuca salendo verso nord (provincia di Lecce, e buona parte delle province di Brindisi e Taranto), poi più a nord la fascia di contenimento, circa 20 km, ancora infetta, ma a ridosso della zona cuscinetto, circa 10 km, che serve a proteggere il più possibile la zona indenne.

“Da quando è iniziata la situazione di crisi e quindi da quando sono partite tutte le azioni della Commissione Europea su questo problema – ci spiega Cantele – è persistito il divieto di impianto di qualsiasi specie vegetale sensibile a Xylella nelle zone a rischio, che per la Regione a maggiore produzione di olio d’Italia è stata la condizione imposta peggiore”.

“L’attuale decreto rimuove questo divieto, ad eccezione della fascia di contenimento. Questo consente alle province a maggiore presenza di Xylella, ovvero Lecce e in parte Brindisi e Taranto, dove oggettivamente l’evidenza del danno grave non si è ancora palesata come nella zona di Gallipoli, a impiantare nuovamente olivi”.

“Si è fatta molta disinformazione su questo. Non saranno solo abbattimenti, sebbene chiaramente pure questi previsti visto che in molte aree del Salento si vedono ancora intere distese di ulivi secchi. E questo per me è anche un danno all’immagine stessa della Regione”.

“Gli agricoltori potranno tornare a piantare olivo. É probabile che sarà data ampia scelta all’imprenditore di poter piantare qualsiasi varietà, ma ad oggi la scienza ci dice che sono solo due le varietà che sembrano poter convivere con Xylella, il leccino e il cultivar FS-17 (all’estero noto come ‘Favolosa’). Ricordiamo che il batterio è considerato insediato e quando questo accade è pressochè impossibile la sua eradicazione, quindi siamo costretti alla convivenza”.

Cosa non ha funzionato

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Proprio un anno fa avevamo cercato di fare il punto della situazione, dal quale, se da un lato era emerso un quadro desolante, dall’altro si erano evidenziate una serie di iniziative, oltre che per rispondere agli obblighi europei, anche per limitare il disastro.

Proprio Il Presidente di Coldiretti Puglia ci aveva informati di un monitoraggio capillare effettuato in Puglia per delimitare i confini di questa infezione. Un lavoro ottenuto con grave ritardo (richiesto nel 2014, ma ottenuto solo due anni dopo), ma comunque effettuato e costoso. Eppure ancora dobbiamo abbattere e per giunta ora anche mettere a repentaglio l’agricoltura biologica e le api.

Ci domandiamo cosa non stia funzionando, a questo punto.

“Non c’è qualcosa in particolare che non sta funzionando – ci spiega a questo proposito Nardone – Piuttosto, la nuova Decisione riflette la continua evoluzione della batteriosi in Europa: l’individuazione di nuovi focolai in Spagna, i progressi della ricerca, la presenza di diverse sottospecie del batterio con piante ospiti sensibili a più ceppi, l’esigenza di effettuare un monitoraggio più attento e, in generale, i timori degli Stati membri di introdurre il batterio nei propri territori attraverso la movimentazione di piante specificate”.

Gli interventi dovrebbero iniziare a maggio. Se il decreto non sarà modificato nel frattempo, tutti noi saremo certamente testimoni di un cambiamento. Di cui però resta da capire la direzione.

Per approfondimenti sul problema Xylella leggi anche:

Roberta De Carolis

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