Xylella: ora gli agricoltori, anche quelli biologici, sono obbligati a usare pesticidi pericolosi per le api. 2 trattamenti in primavera-estate, 2 in autunno, per un totale di 4 irrogazioni ai pesticidi. Scatta da questo maggio l’obbligo per trattare la Xylella che coinvolgerà tutti i terreni delle zone infette, quindi praticamente tutto il Salento.
Xylella: ora gli agricoltori, anche quelli biologici, sono obbligati a usare pesticidi pericolosi per le api. 2 trattamenti in primavera-estate, 2 in autunno, per un totale di 4 irrogazioni di pesticidi. Scatta da questo maggio l’obbligo per trattare la Xylella, che coinvolgerà tutti i terreni delle zone infette, quindi praticamente tutto il Salento.
Per il momento a nulla sono valse le proteste degli agricoltori biologici, ma anche di altri agricoltori che si vedono costretti, per contrastare l’insetto che porta il batterio dalle piante infette a quelle sane, a usare i neonicotinoidi, prodotti aggressivi e molto nocivi per le api, come la scienza e la stessa autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) ha confermato.
Non solo. Non è valso nemmeno lo storico voto del Parlamento europeo che ha vietato per sempre dall’Europa l’utilizzo in campo aperto di tre di queste sostanze, l’imidacloprid e il clothianidin della Bayer e il tiamethoxam della Syngenta. L’acetamiprid, della stessa famiglia, non è stato vietato, e quindi non solo si può usare, ma si deve usare in modo intensivo nel Salento.
Quindi nulla da fare? Abbiamo intervistato Vincenzo Vizioli, Presidente dell’Associazione Italiana Agricoltura Biologica.
“È stato chiesto alla Regione di dare indicazioni in merito, perché ci sono molte questioni in ballo – ci spiega– […] Non hanno risposto alle richieste di nessuno”.
Il Presidente ci informa poi dell’esistenza di diversi tavoli tecnici nelle zone colpite, che sono state convocate per affrontare la situazione. E nessuna indicazione da parte delle autorità locali? “No, nessuna proroga, nessuna risposta, tanto che oggi l’AIAB Puglia ha chiesto esplicitamente alla Regione di dire a chi aveva già comprato i principi attivi di non trattare. Comunque se ormai li hanno comprati, è dura”.
“Non si può stare in questo stato di incertezza, in cui ci sono anche enti locali che hanno convocato incontri per opporsi al decreto – tuona Vizioli – La situazione è molto confusa e serve un intervento da parte della Regione”.
AIAB continua a chiedere di poter usare i prodotti ammessi in agricoltura biologica, attualmente vietati in quanto considerati non efficaci, ma ci sono anche agricoltori non biologici che si oppongono al decreto. E la Regione, per ora, tace. “C’è poi tutta la critica del metodo, che impone un calendario ormai obsoleto, non giustificato da nessun tipo di ricerca” (cfr pagg 90-92 del decreto, N.d.R.)
Ma dei ricorsi sembrano essere sulla griglia di partenza. Non ancora inoltrati proprio in attesa di risposte precise dal parte delle autorità locali. “Diverse realtà si stanno muovendo, e quindi si farà, se necessario, un ricorso collettivo”. Tra l’altro, pur essendo il biologico in prima linea in questa battaglia, anche realtà non biologiche si stanno attivando contro il decreto, conferma Vizioli.
L’acetamiprid non è stato vietato, perché la sua tossicità risulta più bassa degli altri tre neonicotinoidi ora messi al bando. Ma per gli ecosistemi potrebbe non cambiare nulla. “Alta o bassa, le api sono particolarmente sensibili a tossicità anche molto basse”.
Ricordiamo inoltre che se gli agricoltori biologici useranno queste sostanze, perderanno le certificazioni e servirebbe anche a poco un’eventuale deroga concessa dalla Regione (ovvero la possibilità di continuare a mantenerle vista la situazione di emergenza), perché perderebbero comunque tutto il mercato a loro legato e faticosamente creato negli anni.
A onor del vero, purtroppo, precedenti ricorsi sui trattamenti antiXylella imposti in passato (es. estirpazioni di massa) non hanno avuto successo. Ma ora potrebbero morire api e agricoltura biologica nel Salento. Non resta dunque che sperare in una risposta rassicurante da parte della Regione, ed eventualmente in un ricorso collettivo. Per ora comunque, l’obbligo è in atto.
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Roberta De Carolis