Trivelle fuori legge, nuove concessioni: Regione Calabria VS lobby del petrolio (INTERVISTA)

Ancora trivelle. A metà dicembre il MiSE ha infatti rilasciato alla Global Med due nuovi permessi di ricerca di idrocarburi nel mar Jonio. Ma la cosa più grave è che le concessioni sono contro legge

Ancora trivelle. L’Italia si è lasciata sfuggire l’occasione di dire basta con il Referendum del 17 aprile, e ora le ricerche petrolifere non solo continuano, ma aumentano. A metà dicembre il MiSE ha infatti rilasciato alla Global Med due nuovi permessi di ricerca di idrocarburi nel mar Jonio. Ma la cosa più grave è che le concessioni sono contro legge.

Il decreto legislativo 625 del 25 novembre 1996, infatti, vieta espressamente che un singolo gestore possa avere la titolarità di un permesso di ricerca in un’area superiore a 750 chilometri quadrati (art. 9 – estensione del permesso di ricerca).

Le nuove concessioni interessano aree rispettivamente di 748,6 e 748,4 chilometri quadrati, quindi entro i limiti di legge. Ma solo apparentemente: sono infatti confinanti e autorizzate allo stesso gestore, la Global Med, che in questo modo potrà esplorare un tratto di mare di ben 1.497 chilometri quadrati. Oltretutto con la tecnica dell’air-gun, potenzialmente pericolosa per gli ecosistemi marini.

La decisione del MiSE, un bel regalo alle lobby fossili, potrebbe rappresentare un precedente a cui altre compagnie, alcune delle quali hanno già inoltrato richieste di permesso (come al Schlumberger italiana), possono appellarsi per ottenere permessi fuori controllo, eludendo una normativa “fallace”.

La stesse Global Med ha già iniziato ad “approfittare” nel buco normativo, inoltrando richiesta di concessione di un terzo blocco sempre adiacente agli altri, di 729,5 chilometri quadrati, con il quale potrebbe cercare idrocarburi su una superficie di 2.226,5 chilometri quadrati complessivi.

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La stessa compagnia ha poi ripetuto altrove la stessa identica strategia, presentando istanza di permesso di ricerca in mare per due ulteriori zone, localizzate a sud di Leuca e anch’esse confinanti di 744,6 e 749,1 chilometri quadrati.

La Regione Calabria ha chiesto al Ministero Ambiente di sospendere tali concessioni e ha presentato ricorso al Tar del Lazio per questo primo sì, che potrebbe aprire le porte ad una strada pericolosa.

Per saperne di più abbiamo intervistato direttamente il Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio.

Che tratto di mare interesseranno le nuove trivellazioni?

Il tratto di mare è quello del Golfo di Taranto, fino ed oltre la città di Crotone. Più precisamente SIC ‘Foce Neto’, ‘Fondali di Gabella Grande’, ‘Capo Colonna’, ‘Capo Rizzuto’, ‘Fondali da Crotone a Le Castella’, ‘Marchesato’ e ‘Fiume Neto’.

Le autorizzazioni nel Mar Jonio ricadono tutte nella ‘zona marina F’. Come vede (nell’immagine del Ministero Ambiente, N.d.R.) si tratta di tutta un’area di grande importanza sia naturalistica, che storica. Le ricordo inoltre che stiamo parlando della costa della Magna Grecia!

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È un’area ricca di siti archeologici che rappresentano uno dei cardini del nostro sviluppo turistico e non sappiamo quanto c’è ancora da riportare alla luce. Il ritrovamento dei Bronzi di Riace la dice lunga su quello che queste coste possono ancora nascondere. Non abbiamo proprio bisogno di vivere con la spada di Damocle di un possibile disastro ambientale sulla testa!

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Quale contributo energetico potrebbero realmente apportare queste nuove estrazioni all’Italia?

Ad oggi non possiamo stimare se potrà esserci un importante contributo energetico, in quanto in questo momento sono state autorizzate le indagini geofisiche che si basano sulla tecnica air-gun. Si tratta di un’attività che si basa sulla produzione di onde sismiche e che di per sé è particolarmente dannosa per la fauna marina oltre che per le nostre coste.

Solo a seguito di queste indagini potremo sapere se vi è stata l’individuazione di nuovi giacimenti off-shore. La tempistica prevede un doppio danno, in fase di ricerca prima e dopo nel periodo dell’attività di estrazione.

La nostra costa ionica ha la caratteristica di avere il mare profondo a poca distanza dalla riva, per questo è abitata da animali marini, che qui hanno trovato il loro habitat, oltre alle tartarughe ad esempio abbiamo lo Zifio, un cetaceo considerato raro, che nelle profondità dello Ionio sulle falesie lungo le nostre coste vive e si riproduce.

Nell’area dove vengono fatte le ricerche degli idrocarburi ne sono stati trovati, dai biologi marini, vari esemplari spiaggiati, morti a causa di danni celebrali e non è escludibile siano stati causati dalle indagini sottomarine.

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Se anche queste concessioni verranno confermate, quante trivelle ospiterà il Mar Ionio?

Al momento sono tre le trivellazioni operate da chiatte petrolifere nello Jonio. Il problema è che, a seguito dei due decreti del Ministero dello Sviluppo Economico del 15 dicembre 2016 che autorizzano la compagnia Global Med a cercare gas e petrolio nel mare Jonio, si possa ampliare l’area di ricerca al largo di Crotone e Catanzaro per 1.500 chilometri quadrati.

Gli idrocarburi estratti non sarebbero comunque nostri. Quanto pagherebbe la compagnia che ha ottenuto le concessioni al nostro Paese?

É difficile fare una valutazione in assenza di una previsione della possibile produzione.

Le concessioni interessano tratti di mare confinanti la cui ampiezza complessiva supera di gran lunga il massimo di legge: si sta dunque aggirando la normativa?

Nei primi mesi dall’inizio del mio mandato, tra i primi atti assunti, ho presentato ricorso presso l’Alta Corte impugnando la legge emanata dal Governo con cui si esautoravano le Regioni dai pareri vincolanti su problematiche così rilevanti.

La Regione Calabria ha presentato al Tar del Lazio un ricorso contro il decreto emanato il 12 giugno scorso dal Ministero dell’Ambiente che permette all’Enel Longanesi la ricerca di idrocarburi in mare con la tecnica air gun nello Jonio Settentrionale, interessando ben tre Regioni.

Non permetteremo a nessuno di considerare le nostre come “terre di conquista e di assalto”, dove enti e gestori privati pensano di poter realizzare business e speculazioni economiche a danno dell’ecosistema marino e di quanto esso offre alle nostre regioni in termini di crescita socio-economica e turistica. I permessi, come ho detto prima, eludono completamente il decreto legislativo 625 del 25 novembre 1996.

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Quali sono i rischi di questa decisione governativa? Può rappresentare un pericoloso precedente?

Nel nostro ricorso al TAR del Lazio evidenziamo l’artificio giuridico utilizzato, proprio per evitare che lo stesso possa diventare un precedente pericoloso, in vista anche di ulteriori nuove autorizzazioni che potrebbero essere rilasciate ad altre società (come la Schlumberger italiana) che hanno già avanzato richiesta al Ministero.

Quali strumenti ha e quali ha intenzione di usare la Regione (oltre al ricorso al TAR) per fermare la decisione del MiSE?

Il Ministero dell’Ambiente non può ignorare l’istanza proveniente da un territorio direttamente interessato a questo problema. Ho chiesto al Ministero dell’Ambiente di sospendere subito le autorizzazioni concesse alla Global Med o ad eventuali altri soggetti. È chiaro che ci opporremo anche in sede legale.

Roberta De Carolis

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