Nestlé: la multinazionale ammette lo sfruttamento dei lavoratori in Thailandia

Nestlé ha ammesso di essere coinvolta nello sfruttamento dei lavoratori in Thailandia mentre sta affrontando una causa in cui viene accusata di non essere intervenuta per vietare il lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio.

Nestlé ha ammesso di essere coinvolta nello sfruttamento dei lavoratori in Thailandia mentre sta affrontando una causa in cui viene accusata di non essere intervenuta per vietare il lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio.

Come riporta il Guardian, l’ammissione di colpevolezza di Nestlé è avvenuta già lo scorso novembre. Ora si torna a discutere della posizione della multinazionale rispetto allo sfruttamento dei lavoratori dato che la Corte Suprema americana ha rifiutato di fermare la causa intentata contro Nestlè in merito all’impiego di lavoro minorile da parte degli agricoltori in Costa d’Avorio.

Dato che la causa relativa alle piantagioni di cacao non è ancora terminata, non possiamo ancora affermare il coinvolgimento della multinazionale nello sfruttamento del lavoro minorile in Africa, mentre il problema dei lavoratori schiavi in Thailandia è stato portato alla luce dalla stessa Nestlé.

Nestlé ha dichiarato pubblicamente che i consumatori stavano acquistando senza saperlo prodotti contaminati dai peggiori abusi sul lavoro in Thailandia e ha inoltre sottolineato di aver dato il via ad una nuova era di controllo delle catene di fornitura.

Le indagini condotte dalla stessa multinazionale hanno confermato la presenza di lavoratori schiavi nell’industria ittica in Thailandia. Lavoro forzato e traffico di esseri umani sono risultati collegati alla realizzazione del prodotto alimentare per gatti Fancy Feast che sarebbe dunque ottenuto con i gamberetti al sapore di schiavitù provenienti dalla Thailandia.

Secondo Nestlé, anche altre aziende sarebbero state esposte al rischio di essere coinvolte nello sfruttamento dei lavoratori in Thailandia. Magdi Batato – vice presidente esecutivo di Nestlé che si sta occupando della questione – ha spiegato che “Nestlé crede che lavorando con i fornitori potrà fare la differenza in modo positivo nell’approvvigionamento degli ingredienti”.

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L’ammissione di Nestlé e la collaborazione dell’azienda nel verificare la presenza di sfruttamento del lavoro nelle catene di fornitura potrebbe portare ad un cambiamento importante secondo Freedom Fund, una Ong che si è impegnata molto per fermare il traffico di esseri umani in Thailandia.

Ora la speranza è che sempre più multinazionali adottino delle politiche di trasparenza, si mostrino sincere verso i consumatori e possano contribuire a dire stop allo sfruttamento del lavoro di adulti e bambini. Per quanto riguarda la situazione di Nestlé, che ha comunque ammesso di essere già in lotta contro questo terribile fenomeno, resta da comprendere l’eventuale coinvolgimento nella presenza di lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio.

Leggi qui il report sullo sfruttamento dei lavoratori in Thailandia da parte di Nestlé.

Marta Albè

Fonte foto: The Guardian

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