La sua unica colpa è stata quella di aver evitato che fossero scaricati in mare liquidi oleosi, potenzialmente inquinanti, provenienti dalla nave su cui si trova. L'ufficiale della Marina, il tenente di Vascello David Grassi, per questo era stato punito con 15 giorni di consegna. Era il 23 febbraio 2002. Oggi dopo 12 anni, il suo ricorso è stato accolto dal Tar della Liguria
La sua unica colpa è stata quella di aver evitato che fossero scaricati in mare liquidi oleosi, potenzialmente inquinanti, provenienti dalla nave su cui si trovava. L’ufficiale della Marina, il tenente di Vascello David Grassi, per questo era stato punito con 15 giorni di consegna. Era il 23 febbraio 2002. Oggi dopo 12 lunghi anni, il suo ricorso è stato accolto dal Tar della Liguria.
David Grassi si trovava a bordo del Maestrale per una spedizione internazionale. Un incidente avvenuto a bordo, un guasto all’impianto di separazione degli scarichi che evitava la dispersione in mare delle sostanze inquinanti, spinse l’ufficiale direttore di macchina della nave ad effettuare lo scarico fuori bordo delle acque di sentina, per non interrompere la navigazione, come si legge nel testo della sentenza. Ma Grassi fece un passo indietro, insieme ad altri colleghi.
Per questo suo gesto, fu punito con 15 giorni di consegna di rigore avendo disobbedito agli ordini di un suo superiore. Come si legge nel testo, per documentare l’accaduto, Grassi fotografò anche i locali macchine della nave per avere degli elementi di prova e tutelarsi dalle accuse che potevano essere mosse nei suoi confronti.
Seguire un dovere morale è stato anche ciò che ha fatto il tenente Barbara Balanzoni, che il 7 febbraio prossimo sarà processata davanti al Tribunale militare di Roma per aver aiutato una gatta a partorire in Kosovo, nel 2012.
Probabilmente, ascoltando più la sua coscienza che il volere dei superiori, David Grassi è impegnato da oltre un decennio in una battaglia legale che oggi gli ha dato parzialmente ragione. “Mi piace che possa esservi un insegnamento in quanto accaduto e che questo evento sia valorizzato con lo stesso fervore, fermezza ma anche correttezza che sono state nelle mie intenzioni, alla guida di tutta la vicenda giudiziaria”, scrive sulla sua pagina Facebook, sostenendo che gli ostacoli si possono superare, anche se in questo caso occorre domandarsi se servisse quest’attesa.
“Non spetta a me stabilire la giustizia o avere la presunzione di possedere ‘valori‘”, prosegue ma “occorre cercare di decidere e di attuare la “cosa giusta”, che probabilmente inizia dalla riflessione, dalla cautela, dall’esercizio della facoltà di comprendere, per dare il nostro contributo affinché tutto quello che ci appartiene possa essere degno e almeno all’altezza di quello che sentiamo nel cuore”.
Ieri siamo riusciti a raggiungerlo al telefono e David Grassi ci ha spiegato il suo punto di vista: “La coscienza è un fatto che va sempre insieme ad una questione culturale e normativa”, ci spiega. “Ci possono essere dei casi in cui uno, non muovendosi all’interno del noto va ad abbracciare l’aspetto della coscienza ma quando ci muoviamo in un campo normato siamo a posto, la nostra coscienza è tranquilla”. E aggiunge: “Bisogna sottolineare un aspetto fondamentale, che è poi quello di cui ha tenuto conto la sentenza, cioè quello di aver messo in atto un comportamento che era preventivo rispetto ad eventuali azioni di danno. È stata un’azione preventiva che era stata condotta per impedire che si verificassero dei danni”, conclude. Un’attesa che certamente gli avrà comportato sofferenza.
“Lei ha svolto il delicato compito di direttore di macchina?“, gli abbiamo chiesto? E risponde: “Si. Ed è stato un periodo molto bello, perché quando sono arrivato a quell’incarico mi sentivo pronto. Soprattutto su ‘Nave San Giorgio’. E soprattutto l’ultimo anno.”
Francesca Mancuso
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