Violenza sulle donne: Maria ce l’ha fatta. Uscire dall’incubo si può

Quando conosci la vera paura, quella che ti accompagna di notte mentre percorri scalza chilometri e chilometri a piedi perché lui ti ha buttato fuori dalla tua macchina, allora capisci che devi diventare invincibile se vuoi sopravvivere.

Quando conosci la vera paura, quella che ti accompagna di notte mentre percorri scalza chilometri e chilometri a piedi perché lui ti ha buttato fuori dalla tua macchina, allora capisci che devi diventare invincibile se vuoi sopravvivere.

Incontro Maria (nome di fantasia), in una fredda giornata romana in un rifugio per cani, dove lei ogni giorno fa la volontaria.

Ora mi sento una donna libera, mi sveglio la mattina, mi lavo il viso e posso decidere da sola cosa fare e dove andare, perché, quando tocchi il fondo o ti rialzi, ti ribelli o la fai finita per sempre.

Oggi Maria ha deciso di rinascere, come un albero che si risveglia dal lungo freddo. Il suo inverno è durato un anno, 365 giorni fatti di minacce di morte, di violenza fisica e psicologica, di giorni in cui sognava una famiglia felice e si è ritrovata, invece, a fare i conti con una realtà che non avrebbe mai immaginato.

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Dopo il divorzio da mio marito, avevo trovato un po’ di tranquillità accanto ai miei genitori e a mio fratello. Avevo ricreato un’armonia perfetta assieme ai miei due figli adolescenti. Nel giro di sei mesi, però, ho perso sia mia madre che mio padre. E poi anche mio fratello. Da lì è iniziato il calvario della mia vita, quello in cui ero diventata come una foglia che va dove la porta il vento.

È proprio in questo momento di fragilità che Maria incontra colui che chiameremo Luca.

Non eravamo innamorati, all’inizio quando ho iniziato a frequentarlo vedevo in lui più che altro un amico con cui percorrere un periodo difficile della mia vita.

Luca dice a Maria di avere un’impresa edile e di poterla aiutare nei lavori di ristrutturazione che lei doveva far fare nella casa eridtata dai suoi genitori.

Spinta dalla solitudine o dalla voglia di ricreare una famiglia, ho concesso a quest’uomo di trasferirsi a casa mia, insieme a sua madre. Di spazio ce n’era tantissimo, mi sembrava anche una buona idea quella di dividere le bollette e farci compagnia a vicenda.

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Per un periodo le cose vanno effettivamente così, Maria è entusiasta di questo equilibrio ritrovato, del fatto di tornare a casa sua e trovare un piatto di pasta pronta, di guardare la tv insieme, di raccontarsi la giornata.

Mi sembrava tutto così perfetto che quasi mi ero dimenticata di soffrire per la morte di parte della mia famiglia d’origine.

Questo idillio dura poco. Ben presto al calmo e paziente Luca si sostituisce un uomo aggressivo e paranoico.

Tutto è iniziato quando iniziai a sentirlo urlare al telefono e a vedere uomini sospetti sotto casa mia. Poi ho iniziato anch’io a ricevere telefonate minacciose. Alle mie domande però non seguiva nessuna spiegazione.

Con quest’uomo Maria ha una storia che nasce e muore, perché lei non se la sente di legarsi di nuovo. Nel frattempo, arriva anche un altro dettaglio che lascia la donna sconcertata: Luca non ha affatto un’impresa edile, ma di mestiere fa lo spacciatore.

Una sera messa alle strette costringo la madre a raccontarmi la verità. Da lì inizia il mio incubo. Luca è un tossicodipendente che arriva a puntare una pistola alla tempia alla madre quando gli nega i soldi per comprarsi la droga.

Luca, insomma, è un uomo intrattabile e molto pericoloso. Maria, per il quieto vivere, decide di estinguere i debiti dell’uomo. Ma questa sua debolezza fa scattare la vera violenza. Adesso ogni volta che lei non glili dà scattano sistematicamente pugni, calci e minacce.

Inizio ad avere paura come un pulcino che esce dal guscio. Mi ruba il bancomat, sperpera tutto ciò che mi avevano lasciato i miei, mi ruba perfino i miei più cari ricordi. Io che nella mia vita non avevo mai avuto un solo problema economico, non ho più neanche i soldi per dar da mangiare ai miei figli.

Dopo mesi di silenziosa sofferenza, in Maria scatta qualcosa, quella voce che le fa mettere definitivamente da parte la sua insicurezza e la scarsa autostima.

Un giorno è arrivato a dirmi: Se non mi dai i soldi ammazzo te e i tuoi figli. Ho capito che era arrivato il momento di dire basta quando davanti ai miei ragazzi mi ha buttato a terra e mi ha preso a calci. Ho giurato a me stessa che non avrei più messo piede in quella casa e che l’avrei denunciato, prima che fosse troppo tardi.

Ho lasciato tutto, compresi i miei due cani e i tre gatti, e sono andata ai Carabinieri. Da lì poi al Centro antiviolenza, dove ho capito che le cose possono cambiare, che si deve crescere e, anche quando sembra che tutto vada male, c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti.

Quando non riesci più a parlare o a mangiare, quando la tua vita è fatta di polsi rotti, di entrate e uscite dall’ospedale, dagli sguardi dei tuoi figli che, mentre lui ti picchia, si chiedono “mamma ma cosa stai facendo?”, capisci che devi uscire da quella situazione assurda.

Maria c’è uscita grazie all’aiuto delle volontarie del Centro antiviolenza, all’incontro con A. che l’ha presa sotto la sua ala. Ma anche, e soprattutto, grazie all’amore per i suoi figli, alla sua forza di volontà e al suo coraggio.

Oggi i suoi grandi e profondi occhi azzurri sono quelli di una donna che ha denunciato, che ha mandato per un anno agli arresti domiciliari il suo aguzzino, che ha affrontato un processo e tutte le difficoltà del caso.
Un percorso che, seppur triste, l’ha portata ad essere la persona che è oggi. Una persona che ha avuto il coraggio di chiedere aiuto, che non si è lasciata sopraffare dai sensi di colpa.

Ringrazio Dio che mi hanno tolto il cellulare perché, dopo la denuncia, l’avrei chiamato non una, ma mille volte per chiedergli scusa di quello che avevo fatto.

Un meccanismo di dipendenza ben noto, che purtroppo blocca molte donne nel denunciare chi le maltratta. Per fortuna, Maria a quei messaggi “torna a casa, mi manchi” non ha creduto. La sua fragilità è stata stemperata anche dall’amore incondizionato verso gli animali che ogni giorno cura nel rifugio della periferia dove l’ho incontrata.

Denunciare è stato un cambiamento nella mia vita. È chiaro che devi essere seguita a livello psicologico, ma non è vero che se denunci rimani sola. Dopo un anno sono contenta della scelta che ho fatto per me e per la mia famiglia. Bisogna imparare a rispettare soprattutto se stesse.

Luca adesso è libero, ma non ha più cercato Maria. E questa è già una grande vittoria.

Oggi sto bene grazie alle volontarie e amiche del Centro che mi hanno preso per mano e mi hanno insegnato a camminare da sola. Mi sento libera di vestirmi come voglio, di non truccarmi se non mi va, di accettarmi per quella che sono senza dover dare mai più conto a nessuno. Ecco come ho salvato me stessa, i miei figli e i miei animali.

Dominella Trunfio

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