Un blitz animalista nel cuore dell'ospedale San Raffaele di Milano per denunciare l'oscuro segreto della tortura degli animali. Lo hanno organizzato gli attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill, che ieri si sono incatenati alla gabbia dei macachi nel piccolo zoo esterno del prestigioso ospedale meneghino San Raffaele, chiedendo chiarezza e luce su quanto accade agli animali all'interno dei suoi laboratori.
Un blitz animalista nel cuore dell‘ospedale San Raffaele di Milano per denunciare l’oscuro segreto della tortura degli animali. Lo hanno organizzato gli attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill, che ieri si sono incatenati alla gabbia dei macachi nel piccolo zoo esterno del prestigioso ospedale meneghino San Raffaele, chiedendo chiarezza e luce su quanto accade agli animali all’interno dei suoi laboratori.
L’attenzione ricevuta da allevamenti di cavie da laboratorio come Green Hill a Montichiari (BS), con i suoi 2500 cani Beagle, e Harlan a Correzzana (MB), con le sue centinaia di scimmie, ha acceso i riflettori sul problema della vivisezione. Ma dove finiscono questi animali prodotti in serie in queste fabbriche che alimentano la catena della tortura?
Per far conoscere questi luoghi circa quindici attivisti del Coordinamento Fermare Green Hill hanno raggiunto ieri, verso le 12.30, la parte esterna dello stabulario, dove quattro di loro si sono incatenati alle gabbie per sapere quanti e quali animali sono reclusi al San Raffaele. Chiedono solo risposte, ma, prima di strappare, verso le ore 17.00, una promessa dal responsabile comunicazione del San Raffaele, che si è impegnato a rispondere a tutte le domande, sono stati molti i momenti di tensione. Pare che un ragazzo, a cui è stata tolta con forza la telecamera sia stato addirittura colpito da un pugno.
Ma gli attivisti erano disposti a tutto pur di strillare al mondo che, proprio dentro il fiore all’occhiello della ricerca milanese, vengono condotti esperimenti su macachi, che vengono trasformati geneticamente dai ricercatori del centro in “perfetti modelli sperimentali per malattie umane“, sottoposti a esperimenti di neurologia sul loro cervello, costretti a testare sostanze che vengono iniettate nella spina dorsale per verificarne gli effetti, oppure ad abbassare le difese immunitarie per ricerche sull’AIDS. Ma al San Raffaele non ci sono solo scimmie: nei suoi laboratori si fanno continuamente operazioni chirurgiche su maiali a cui vengono inserite valvole nel cuore o provati diversi tipi di trapianti, mentre topi e ratti vengono manipolati geneticamente e utilizzati in tanti tipi di studi, dalla virologia all’oncologia. Diverse torture per una stessa fine comune a tutti gli animali: la morte.
“Di fronte ad una crescente sensibilità sul tema –spiegano gli attivisti in un comunicato stampa – e ad un incalzante movimento che chiede libertà per gli animali, considerati in questa società come oggetti, cavie, macchine da riproduzione, il mondo scientifico si difende spostando sempre la questione su un piano scientifico. Quello che noi attivisti diciamo è che non è eticamente accettabile ridurre qualunque altro essere vivente, considerato inferiore, a cavia per noi stessi. Un tempo questa discriminazione colpiva altri esseri umani, nati in altre parti del mondo o con la pelle di un colore diverso. Adesso tocca agli animali. È ora di dire basta alle torture nei laboratori!“. Anche perché, secondo il Coordinamento Fermare Green Hill, in Italia ci sono ben 600 laboratori di vivisezione, di cui 130 solo in Lombardia. E molti di questi sono proprio all’interno di ospedali e, come il San Paolo, il Policlinico, l’Humanitas e i tanti altri luoghi dove esseri einnocenti e senza voce continuano a essere torturati in nome di pratiche anacronistiche e crudeli.