Nonostante il sostegno della maggioranza dei Paesi membri, i due Stati asiatici hanno impedito alla Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonni Atlantici (ICCAT) di adottare misure più severe contro la pratica che minaccia la sopravvivenza degli squali e l'equilibrio marino
Battuta d’arresto per la protezione degli squali alla riunione annuale della Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonni Atlantici (ICCAT) – l’organismo intergovernativo che riunisce 53 Paesi con l’obiettivo di tutelare i tonni e le specie affini nell’Oceano Atlantico -, che si è conclusa il 18 novembre a Limassol, Cipro.
La proposta di rafforzare il divieto di shark finning, sostenuta da 42 dei 53 Paesi membri, è stata bloccata dall’opposizione di Cina e Giappone, principali consumatori e esportatori di pinne di squalo.
L’iniziativa, guidata da Stati Uniti, Belize e Brasile, prevedeva l’obbligo di sbarcare gli squali con le pinne naturalmente attaccate, una misura cruciale per contrastare la rimozione delle pinne in mare e facilitare la raccolta di dati scientifici.
Nonostante il parere favorevole della comunità scientifica e il largo consenso internazionale, i giganti economici e principali consumatori di pinne di squalo, Cina e Giappone, hanno deciso di anteporre gli interessi commerciali alla salvaguardia di queste creature magnifiche, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di alcune delle specie più vulnerabili dell’Atlantico.
#ICCAT2024 Unprecedented International Effort to Prevent Shark Finning Blocked by Japan & China. ICCAT meeting ends in dramatic defeat of proposal to end at-sea fin removal while other #shark safeguards advance. Read more: https://t.co/9jdyMkN2YI #SharkLeague #Finzon
— The Shark Trust (@SharkTrustUK) November 18, 2024
“Siamo profondamente delusi”, ha dichiarato Sonja Fordham, presidente di Shark Advocates International. “Un divieto rigoroso e applicabile di shark finning è stato nuovamente bloccato, nonostante l’evidenza scientifica e un forte sostegno da parte di governi e ambientalisti”. Questo fallimento rappresenta un duro colpo per gli sforzi internazionali volti a proteggere gli squali e solleva serie preoccupazioni sulla capacità dell’ICCAT di garantire la conservazione a lungo termine di queste specie.
Ma cos’è esattamente lo shark finning e perché questa pratica è così aberrante?
Lo shark finning, barbarie che non conosce pietà, prevede che gli squali vengano catturati, privati delle pinne con metodi brutali e rigettati in mare, quindi condannati a una morte lenta e atroce. Senza pinne, non possono nuotare, affondano e muoiono soffocati o dissanguati. Le pinne, considerate una prelibatezza in alcuni Paesi asiatici, alimentano un commercio lucroso e spietato. La zuppa di pinne di squalo, piatto dal costo esorbitante, fino a 100 dollari a porzione, è diventata un simbolo di status.
Si stima che ogni anno vengano uccisi tra 73 e 100 milioni di squali, con un picco di 101 milioni nel 2019.
Oltre il 37% delle specie è a rischio di estinzione, tra cui squali martello, squali volpe, squali balena e lo squalo mako pinna corta, già classificato come “in pericolo di estinzione” dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN).
Gli squali, predatori apicali, sono fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema marino. Regolano le popolazioni di prede, mantengono la biodiversità e contribuiscono alla salute delle barriere coralline. La loro scomparsa provoca un effetto domino, alterando la catena alimentare e mettendo a repentaglio la salute degli oceani. Senza squali, l’intero ecosistema marino è più fragile e destinato a collassare.
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