Uccelli selvatici usati come esche: ti racconto la rete criminale attiva in quattro regioni italiane (e come è stata smantellata)

L’operazione "Turdus Aureus" dei Carabinieri Forestali ha svelato un business crudele che sfruttava la bellezza del canto degli uccelli per scopi venatori

Una rete criminale ramificata in quattro regioni italiane e che sfruttava il canto degli uccelli selvatici è stata smantellata grazie all’operazione “Turdus Aures”.

I Carabinieri Forestali, in collaborazione con il Raggruppamento Carabinieri Cites, il Gruppo Carabinieri Forestale di Perugia e il Centro Anticrimine Natura di Udine hanno infatti portato alla luce il traffico illegale di uccelli selvatici attivo in Campania, Lombardia, Toscana e Umbria.

Il canto della prigionia: il business dei richiami vivi

Il cuore dell’operazione è stata la lotta al traffico illegale di avifauna destinata all’uso come richiami vivi per la caccia. Gli uccelli, prevalentemente giovani esemplari, venivano catturati illegalmente all’estero, spesso strappati ai loro nidi. Condotti in Italia, venivano inanellati con anelli identificativi falsificati o forniti da allevatori compiacenti e venduti a ignari cacciatori come richiami vivi.

Il valore di mercato di un singolo esemplare “da richiamo” può raggiungere anche i 300 euro, alimentando un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro l’anno.

Sequestrati quasi 1.000 uccelli e oltre 140mila euro

Durante le perquisizioni, i Carabinieri Forestali hanno sequestrato 763 uccelli vivi, tra cui tordi, merli e cesene, e 164 esemplari morti appartenenti a specie protette. Gli animali vivi, in condizioni spesso precarie a causa della cattura e del trasporto illegale, sono stati affidati a centri di recupero specializzati per essere curati e, si spera, restituiti alla libertà.

Oltre agli uccelli, sono stati sequestrati anche 141.019 euro in contanti, provento delle attività illecite, e un arsenale di strumenti utilizzati per la cattura e la manipolazione degli animali: 48 reti da uccellagione, 6 richiami acustici elettromagnetici, 3 coppi di cattura, 2.396 anelli identificativi inamovibili, oltre a pinze, punzoni, fustellatrici e altri attrezzi utilizzati per falsificare gli anelli di marcaggio.

Doping e maltrattamento

L’aspetto più inquietante dell’indagine è emerso con il ritrovamento di ingenti quantitativi di medicinali dopanti e strumenti per la loro somministrazione. Questi farmaci, a base di derivati del testosterone, venivano utilizzati per stimolare artificialmente il canto degli uccelli maschi, forzando i loro tempi naturali e mettendo a rischio la loro salute.

Questa pratica crudele non solo viola le leggi sulla protezione degli animali, ma dimostra anche il totale disprezzo dei bracconieri per la vita e il benessere delle creature che sfruttano.

La cattura indiscriminata di uccelli selvatici può portare alla riduzione delle popolazioni, mettendo a rischio la sopravvivenza di intere specie. Inoltre, il bracconaggio altera gli equilibri ecologici, danneggiando interi ecosistemi.

Una lotta senza quartiere

L’indagine ha coinvolto 131 carabinieri forestali e ha portato all’esecuzione di 15 perquisizioni domiciliari a carico di 14 soggetti indagati. Le accuse sono pesanti: associazione per delinquere, sostituzione di persona, frode in commercio, maltrattamento di animali, furto (anche aggravato), ricettazione, riciclaggio e impiego in attività economiche o finanziarie di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, uso abusivo di sigilli, detenzione abusiva di armi, alterazione di armi, armi clandestine e detenzione illegale di munizioni.

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