Questo monitoraggio sull’Appennino campano è analizza come le gli uccelli migratori stanno cambiando le loro rotte per la crisi climatica
La crisi climatica passa anche dalle migrazioni degli uccelli: questo monitoraggio sull’Appennino campano è il primo ad analizzare come le gli uccelli migratori stanno cambiando le loro rotte in reazione ai cambiamenti del clima
Il proverbio Una rondine non fa primavera è la perfetta sintesi di quanto le migrazioni degli uccelli siano fra i fenomeni biologici più stabili della natura. Ma oggi non è più così, purtroppo: il riscaldamento del Pianeta e gli altri cambiamenti nel clima stanno modificando le traiettorie degli uccelli migratori.
Per studiare come ciò stia avvenendo, i ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con i volontari dell’Associazione Ardea Onlus, hanno dato avvio ad un progetto di ricerca pionieristico volto a osservare i movimenti di piccoli passeriformi d’alta quota sull’appennino Campano, in particolare sul Monte Cervati (1880 metri di altitudine). MigrAndata – Cervati è il nome del progetto di monitoraggio dell’avifauna migratrice, uno dei pochissimi altri presenti sul territorio nazionale che si occupano dell’osservazione dei fenomeni migratori: il Progetto Alpi (attivo dal 1997) e la stazione presente sull’Appennino-Gran Sasso (attiva dal 2003).
Il campo base attrezzato sul Cervati, nei pressi del Santuario della Madonna della Neve, presenta delle difficoltà logistiche importanti per i ricercatori, che saranno costretti a razionare l’acqua potabile e non avranno accesso alla corrente elettrica; inoltre, il clima a quella quota è particolarmente rigido. Lo scopo della missione è proprio quello di raccogliere informazioni sulle specie di uccelli che vivono in condizioni climatiche estreme.
(Leggi anche: Così il nostro inquinamento luminoso sta disorientando foche, falene e uccelli migratori, confondendo le loro rotte)
I ricercatori si occuperanno di monitorare in primo luogo gli uccelli transahariani di alta quota, quelli cioè che durante l’inverno migrano verso sud, in direzione del deserto del Sahara: si tratta, come suggerisce anche il nome del progetto, della migrazione ‘di andata’ che si svolge fra la fine di agosto e l’inizio di settembre – un viaggio lungo e faticoso per i piccoli uccelli. Infatti, mentre la migrazione ‘di ritorno’ (ovvero quella che ha luogo in primavera) è piuttosto conosciuta dagli scienziati, quella di andata resta un fenomeno ancora misterioso che il progetto campano cerca di analizzare.
Per monitorare gli uccelli, gli ornitologi si sono avvalsi della tecnica dell’inanellamento: i volatili sono stati catturati e sulla loro zampina è stato montato un leggerissimo anello con un codice alfanumerico, che permetterà poi di riconoscere quell’individuo nei suoi spostamenti. Grazie a questo metodo si possono studiare le rotte, ma anche le tempistiche, le date di arrivo e partenza, e si possono raccogliere una serie di dati sullo stato di salute e l’età degli uccelli inanellati. Durante questa campagna sono stati inanellati 282 uccelli appartenenti a 25 specie diverse – tra cui lo spioncello (Anthus spinoletta), il culbianco (Oenanthe oenanthe) e gli zigoli muciatti (Emberiza cia).
Monitorare le cime degli Appennini è di fondamentale importanza: gli ambienti aperti di alta quota sono quelli che maggiormente vengono colpiti dell’emergenza climatica. Questi ambienti vanno restringendosi e gli uccelli migratori che li utilizzano come “autogrill” nel loro viaggio verso l’Africa rischiano di sparire in tempi brevi – spiega Rosario Balestrieri, ornitologo e presidente dell’Associazione Ardea. – Da questo punto di vista risultano particolarmente interessanti i pesi degli uccelli ricatturati: in molti casi li abbiamo trovati ingrassati rispetto al controllo precedente. Un segnale che, se suffragato dai dati nei prossimi anni, può darci indicazioni sullo stato di salute della vetta Cervati e sulla sua importanza come sito di stop-over per gli uccelli migratori. Cioè come luogo strategico in cui fermarsi e alimentarsi, prima di proseguire il viaggio ed affrontare le barriere ecologiche, prime tra tutte il Mediterraneo.
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Fonte: Università di Padova / Associazione Ardea
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