Una pecora gigante, un esemplare considerato in via d'estinzione, eppure ucciso ugualmente durante una battuta di caccia notturna per mano di Donald Trump Junior, figlio maggiore del presidente americano grazie a un permesso speciale rilasciato in maniera retroattiva proprio dal padre.
Una pecora gigante, un esemplare considerato in via d’estinzione, eppure ucciso ugualmente durante una battuta di caccia notturna per mano di Donald Trump Junior, figlio maggiore del presidente americano grazie a un permesso speciale rilasciato in maniera retroattiva proprio dal padre. A rivelarlo è il sito investigativo ProPublica secondo cui, l’agosto scorso il giovane Trump era stato in Mongolia con un viaggio comprato nel 2015 ad una raccolta di fondi a favore della maggiore lobby delle armi americana, la National Rifle association.
Gli argali vivono negli altopiani rocciosi dell’Asia centrale in una remota regione della Mongolia. La specie è in via d’estinzione ed è caratterizzata da gigantesche corna ricurve. Eppure, ciò non ha impedito a Trump Junior di uccidere questo raro animale in un’avventura supportata da risorse del governo degli Stati Uniti e della Mongolia, che hanno inviato servizi di sicurezza per accompagnare il figlio maggiore e il nipote del presidente nel viaggio di più giorni.
Ma non solo, l’uccisione di argali è controllata da un sistema di autorizzazioni che si basa su una sottile connessione tra denaro e politica. I trofei mongoli sono molto ambiti e le corna di questi arieti vengono considerati come un tesoro nazionale.
Adesso non è chiaro se Trump junior abbia portato a casa il trofeo, per la cui importazione avrebbe avuto bisogno di un permesso delle autorità statunitensi (ma per lui niente di più facile), ciò che è certo secondo ProPublica è che abbia ucciso un argale, anche se nessuna foto è circolata in rete. Al contrario nel 2012, durante una battuta di caccia in Zimbabwe,Donald junior e il fratello Eric, avevano diffuso le immagini dei loro trofei.
Tra l’uccisione e il rilascio del permesso il mese dopo aver lasciato il paese, si dice che Trump abbia incontrato il presidente, Khaltmaagiin Battulga, suggerendo la possibilità di prestare particolare attenzione al figlio del presidente degli Stati Uniti.
“Trump Jr ha sparato sugli argali di notte, usando un fucile con mirino laser e ha ordinato alle guide locali di non smembrare le corna sul luogo, ma di portare la carcassa in modo da non danneggiare la pelliccia e le corna stesse”, dice Khuandyg Akhbas, 50 anni, una delle guide che sostiene anche che il ragazzo abbia ucciso un cervo, chiedendo lo stesso permesso speciale.
Per importare trofei di animali appartenenti all’elenco delle specie minacciate di estinzione, un cacciatore statunitense deve dimostrare che l’uccisione sarebbe vantaggiosa per la specie in generale. Cosa che in questo caso non sussiste, tra l’altro è insolito che i permessi vengano rilasciati dopo la permenza del cacciatore.
ProPubblica ha chiesto spiegazioni al portavoce di Trump Jr sulla battuta di caccia, ma la risposta è stata che il viaggio era strettamente personale.
“Ha acquistato il viaggio di caccia di sette giorni in Mongolia in un’asta di beneficenza della National Rifle Association prima che suo padre annunciasse la sua candidatura alla presidenza nel 2015, ha detto il portavoce, ed è volato fuori dal paese”.
La Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa e l’Ambasciata degli Stati Uniti in Mongolia non hanno, dunque, risposto alle domande sul viaggio di Trump Jr. Nel frattempo però una cosa è certa, mentre i permessi vengono concessi in maniera del tutto subdola, la popolazione di argali è scesa da 50mila nel 1985 a soli 18mila nel 2009.
I sostenitori affermano che la caccia ai trofei può aiutare a conservare le specie minacciate gestendo le dimensioni della popolazione. Dicono che le tasse sui permessi vadano a sostenere le comunità locali. Ma biologi della conservazione e gruppi per i diritti degli animali la pensano diversamente sostenendo che i programmi di caccia sono inefficaci e possono portare alla distruzione degli ecosistemi locali.
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