Dopo più di un secolo di costante declino, la popolazione di tigri selvatiche è finalmente in crescita per la prima volta.
Tigri in aumento. Dopo più di un secolo di costante declino, la popolazione di tigri selvatiche è finalmente in crescita per la prima volta.
Il WWF e il Tiger Global Forum (GTF) hanno diffuso il loro ultimo censimento che conta ad oggi 3.890 tigri, di cui oltre la metà si trova in India. Nel 2010, la popolazione di tigri era di 3.200 esemplari, di 100mila nel 1900. Dati che, come spiegano dal WWF, sono stati elaborati sulla base dalle cifre fornite dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) e da censimenti fatti da singoli Paesi.
L’aumento del numero può essere attribuito a diversi fattori, tra cui un aumento delle popolazioni di tigri in India, in Russia, in Nepal e nel Bhutan, analisi dello stato di salute migliori rispetto al passato e una maggiore protezione.
“Questa notizia ci dà grande speranza –dichiara Marco Lambertini, Direttore generale del WWF Internazionale – e ci mostra che possiamo salvare le specie e i loro habitat quando i governi, le comunità locali e chi lavora nel campo della conservazione lavorano insieme”.
L’India, con più di 2.200 tigri, è il Paese con la maggiore presenza di questi felini al mondo. Seguono poi la Russia con 433 esemplari e l’Indonesia con 371. Il WWF è impegnato da 50 anni per la conservazione della tigre: attualmente è presente con progetti di conservazione in 13 Paesi dove la tigre è presente.
Per giungere a questi risultati, un grosso contributo è stato offerto dalla Leonardo DiCaprio Foundation, che ha donato oltre 6 milioni di dollari.
“Con il WWF – ha detto Di Caprio – la mia Fondazione ha sostenuto grandi sforzi per raddoppiare il numero di tigri allo stato selvatico. In Nepal in particolare il nostro impegno ha prodotto grandi risultati: sono orgoglioso dei risultati raggiunti anche grazie al nostro sforzo, ma c’è ancora tanto da fare per salvare dall’estinzione questo animale straordinario”.
Questa analisi, in buona sostanza, sottolinea che Paesi come l’India sono stati in grado di mostrare come lo sviluppo possa portare benefici alle persone riducendo al minimo l’impatto sulle tigri: intorno alle riserve, per esempio, sono state costruite delle nuove strade e progettati tunnel e passaggi sopraelevati per aiutare le tigri a spostarsi sul territorio, avendo pochissimi contatti con gli esseri umani. In più, sempre in India, ma anche in Nepal, si sono compiuti grossi passi in avanti nel ridurre il numero di tigri vendute sul mercato nero.
Cifre meno confortanti arrivano però dal Bangladesh, dove il numero delle tigri è piuttosto crollato da 440 a 106. Secondo Ginette Hemley, vice presidente senior per la conservazione al WWF, è probabile che non si tratti di un vero e proprio declino, ma semplicemente del fatto che il nuovo governo abbia condotto indagini più precise rispetto a quello precedente. In fondo alla classifica, poi, il nuovo rapporto stima che in Cina sopravvivano solo sette tigri selvatiche, cinque in Vietnam, nessuna in Cambogia. Di contro, Indonesia e Malesia sono importanti per la sopravvivenza a lungo termine della specie, dice Hemley, ma si tratta di Paesi assediati dal bracconaggio e dallo sviluppo del territorio, che degrada l’habitat delle tigri.
Insomma, il messaggio che emerge dallo studio del WWF è comunque quello di “cauta speranza”, conclude Hemley. “Il fatto che i numeri siano in aumento è significativo, ma la strada da fare è ancora tanta”.
Un ulteriore fondamentale passaggio, dicono gli esperti, sarebbe una concreta cooperazione tra i vari Paesi, che rappresenterebbe un tramite per avviare la cooperazione anche in altri ambiti. “Salvando la natura, spesso salviamo noi stessi”, afferma Luke Dollar, che coordina la Big Cats Initiative per la National Geographic Society.
Ed è precisamente questo il motto verso cui vogliamo tendere, in tutti gli ambiti.
Germana Carillo
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