Nelle ultime settimane circolano notizie e video che fanno riferimento ad una presunta invasione di squali nelle nostre acque, ma la verità è un'altra. Queste creature - preziosi indicatori della salute degli ecosistemi marini - stanno sparendo di anno in anno dal Mediterraneo... E non c'è nulla di cui rallegrarsi
C’è chi li immagina assetati di sangue, pronti ad aggredire i bagnanti. Nell’immaginario collettivo (complici i numerosi film come quello di Steven Spielberg) gli squali sono ancora dipinti come predatori pericolosi.
Le cose, però, stanno diversamente ed è il caso di ricordarlo in occasione della Shark Awareness Day, che ricorre il 14 luglio. La vera minaccia siamo noi umani, che stiamo continuando a inquinare i loro habitat e a mettere a repentaglio la loro vita con attività come la pesca e la crudele pratica dello shark finning (che consiste nel tagliare le pinne agli squali vivi).
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S.O.S per gli squali del Mediterraneo
Nel mondo esistono circa 500 specie di squali, di cui 47 vivono nelle acque del Mar Mediterraneo. Fra queste troviamo la verdesca, lo squalo bianco e lo squalo martello. Per queste antiche creature marine, però, sopravvivere sta diventando sempre più complesso. Oltre la metà delle specie presenti nel Mediterraneo, infatti, è rischio estinzione. E, come ricorda il WWF, si tratta della percentuale più alta rispetto al resto degli oceani.
Tale declino rappresenta una pessima notizia, visto che proprio gli squali si trovano all’apice della catena alimentare e dalla loro esistenza dipende il benessere di altre specie e in generale degli ecositemi marini. Insieme alle razze, questi imponenti pesci sono indicatori preziosi della salute degli oceani e non tutti sanno che sono validi alleati contro la crisi climatica.
L’importanza della presenza di squali e razze nel Mediterraneo non va sottovalutata: ogni specie ha un ruolo significativo, come quello di alcune razze capaci di ‘mescolare’ i substrati marini con i loro movimenti, o altre specie pelagiche che, attraverso le migrazioni verticali, spostano nutrienti tra i diversi strati dell’oceano e tutte le specie di grandi squali e razze che nel corso della vita immagazzinano grandi quantità di carbonio nei loro corpi: carbonio che viene stoccato sui fondali oceanici quando, dopo la loro morte, le carcasse di questi animali precipitano in profondità – spiega Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia –. Si stima che la cattura degli squali impedisca di ‘stoccare’ negli oceani fino a 5 milioni di tonnellate di carbonio.
Popolazioni sane di squali e razze possono quindi contribuire, come accade anche per le grandi balene, al fondamentale ciclo del carbonio ‘blu’ del nostro oceano e contribuire a mitigare l’impatto del cambiamento climatico.
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Le principali minacce di queste antiche creature
Il Mediterraneo è pieno di insidie per gli squali. Queste affascinanti creature devono far fronte a numerosi pericoli. Spesso e volentieri finiscono per essere catturati illegalmente da reti e palangari. Non capita di rado di trovare carne di squali vulnerabili – spacciati per altri pesci – sui banchi delle pescherie, comprese quelle italiane.
Gli squali sono, inoltre, vittime di una pratica brutale che prende il nome di shark finning (letteralmente “spinnamento dello squalo”) e consiste nel taglio delle pinne di questi pesci. Dopo essere stati privati di questa parte considerata pregiata, gli squali vengono rigettati ancora vivi e coscienti nelle acque marine, dove finiscono per morire dissanguati o mangiati da altri predatori.
Le pinne di squalo vengono utilizzate per preparare piatti tipici della cucina asiatica, fra cui la celebre e antica ricetta della zuppa di pinne di squalo, molto apprezzata in Cina. Purtroppo diversi Paesi europei sono coinvolti in questo sanguinario business. Si stima che ogni anno vengano esportate dall’UE circa 3.500 tonnellate di pinne, per un valore complessivo di circa 52 milioni di euro. Per mettere la parola fine a questo spietato traffico lo scorso anno i cittadini del Vecchio Continente hanno lanciato l’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei), che ha raggiunto un milione di firme.
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Fonte: WWF
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