Allarme per i pesci d'acqua dolce, sempre più minacciati dall'inquinamento, i cambiamenti climatici e la pesca selvaggia: 1 specie su 4 rischia l'estinzione
I pesci d’acqua dolce costituiscono oltre la metà delle specie ittiche conosciute al mondo, ma il loro futuro è tutt’altro che roseo. Il 25% di quelle esistenti rischia di sparire dalla faccia della Terra. A lanciare l’allarme è l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), che ha aggiornato la Lista Rossa degli animali in pericolo, includendo la prima valutazione globale dei pesci d’acqua dolce. Dall’aggiornamento, pubblicato alla COP28 di Dubai, emerge uno scenario desolante: le specie a rischio sono ben 3.086 su 14.898 censite. A minacciare la biodiversità, anche in questo caso, sono proprio le attività inquinanti e deleterie portate avanti dall’uomo.
Almeno il 17% delle specie ittiche d’acqua dolce a rischio sono colpite dai cambiamenti climatici, in particolare dalla diminuzione del livello dell’acqua, l’innalzamento del livello del mare e le stagioni sempre più in tilt. A ciò si aggiungono i pericoli derivanti dall’inquinamento, che interessano il 57% delle specie ittiche d’acqua dolce a rischio estinzione, dalle dighe e dall’estrazione dell’acqua, che colpiscono il 45% delle specie.
Ma non solo. Il 25% dei pesci d’acqua dolce sono esposti alla pesca eccessiva, mentre il 33% deve fare i conti con la presenza di specie invasive e la proliferazione di malattie. Ad esempio, il ladro dai denti grandi del lago Turkana (Brycinus ferox), che vive in Kenya, è passato ormai classificato come vulnerabile nella Lista rossa, a causa della pesca eccessiva, del degrado degli habitat causato dai cambiamenti climatici e delle dighe che limitano l’affluenza di acqua dolce nel lago.
“Garantire che gli ecosistemi di acqua dolce siano ben gestiti, continuino a fluire liberamente con acqua sufficiente e di buona qualità è essenziale per fermare il declino delle specie e mantenere la sicurezza alimentare, i mezzi di sussistenza e le economie in un mondo resiliente ai cambiamenti climatici” chiarisce Kathy Hughes, copresidente del gruppo di specialisti di pesci d’acqua dolce dell’IUCN SSC.
Il caso del salmone dell’Atlantico
Un caso tanto drammatico quanto emblematico è rappresentato dal salmone dell’Atlantico (Salmo salar), che è passata dal livello di rischio minimo a “quasi a rischio”. La popolazione di questo iconico pesce migratore è crollata, infatti, del 23% dal 2006 al 2020. Se fino a un secolo fa riempivano i fiumi del Nord Europa e Nord America, ora la loro presenza è sempre più limitata.
Il cambiamento climatico colpisce tutte le fasi del ciclo di vita del salmone atlantico, influenzando lo sviluppo dei giovani salmoni, riducendo la disponibilità di prede e consentendo alle specie esotiche invasive di espandere il proprio areale. – chiarisce l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) – Dighe e altre barriere bloccano l’accesso alle zone di deposizione delle uova e di alimentazione, mentre l’inquinamento e la sedimentazione dell’acqua, principalmente dovuti al disboscamento e all’agricoltura, portano a una maggiore mortalità dei giovani salmoni.
A mettere a rischio questa specie sono anche i salmoni che fuggono dagli allevamenti, che trasmettono infezioni, pidocchi e altre patologie e contaminano l’ecosistema, indebolendo la capacità di sopravvivenza degli esemplari che vivono nei fiumi.
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Fonte: IUCN
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