Impazza la moda del riccio africano come animale domestico, ma tenerlo in casa non è affatto una buona idea. Vi spieghiamo perché
Impazza la moda del riccio africano come animale domestico, ma tenerlo in casa non è affatto una buona idea. Vi spieghiamo perché
Negli ultimi tempi sta dilagando una moda apparentemente innocua, eppure potenzialmente pericolosa: quella di tenere in casa i ricci come si fa con i cani e con i gatti. Le home di Instagram e TikTok sono piene di adorabili ricci che vengono accarezzati e messi in bella mostra sul divano o sul letto, senza che vengano prese in considerazione le sue esigenze naturali.
È bene chiarire fin da subito maggior parte di quelli che compaiono sui social sono esemplari di Atelerix albiventris, ovvero di riccio africano, il cui habitat d’origine è costituito dalle savane e dalle zone aride dell’Africa centrale. Questo animale esotico, noto anche come riccio pigmeo, è considerato un animale domestico e non è soggetto alla normativa C.I.T.E.S. (la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione).
Questa specie non va confusa con il riccio comune (Erinaceus europaeus), noto anche come riccio europeo. Quest’ultima è una specie tutelata per legge nel nostro Paese e tenerlo in casa è reato.
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5 cose da sapere sul riccio africano prima di (non) adottarne uno
Come anticipato, il riccio africano è ritenuto un animale domestico. Ma troppo spesso chi decide di tenerlo in casa non presta attenzione alle sue esigenze. Per evitare che soffra è bene conoscere le sue abitudini e le sue caratteristiche. Ecco 5 cose da sapere su questo tenerissimo animale, il cui peso va da 250 a 600 grammi e che in cattività può vivere fino a 10 anni:
Dorme di giorno e vive di notte
L’Atelerix albiventris è un animale notturno. In poche parole dorme di giorno ed è attivo durante la notte. Preferisce trascorrere le giornate nei tronchi degli alberi o dentro i crepacci del terreno, mentre di notte esce per cacciare vermi, lumache e insetti che riesce ad individuare grazie a un olfatto molto sviluppato. In cattività questi animali vengono tenuti in gabbie metalliche, spesso prive di ripari in cui riposarsi e il loro naturale ritmo di attività notturna è alterato dagli orari umani. Inoltre, i movimenti sono molto limitati in gabbia. Un’altra cosa importante da sapere su questa specie è che non va in letargo, al contrario del riccio europeo.
È onnivoro e in cattività tende all’obesità e a sviluppare malattie
I ricci africani sono onnivori. Si nutrono prevalentemente di invertebrati (tra cui coleotteri, lombrichi, bruchi, millepiedi, termiti, formiche, lumache e ragni), piccoli vertebrati (serpenti, lucertole, topi e rane), ma anche foglie, radici e frutti. Quando vengono tenuti in cattività, però, troppo spesso non vengono nutriti in maniera adeguate loro esigenze nutrizionali. Spesso vengono alimentati con cibo commerciale, usato per cani e gatti e ad alto contenuto calorico e proteico. Questa situazione porta a casi di obesità, malattie del cavo orale e gastrointestinale e persino a tumori.
È un animale solitario
Il riccio africano è per natura un animale molto solitario, tranne nel periodo del corteggiamento del corteggiamento e della riproduzione.
Gli individui tendono ad evitarsi per prevenire la competizione – spiega la LAV (Lega Anti Vivisezione) – L’incontro con conspecifici spesso determina comportamenti agonistici e difensivi quali erezione delle spine, vocalizzazioni e attacchi.
In cattività, però, spesso vengono ammassati (specialmente negli allevamenti) e non è raro che si verificano aggressioni, soprattutto tra esemplari maschi, casi di infanticidio e persino di cannibalismo.
Si difende producendo una schiuma
Non tutti sanno che i ricci africani, oltre ad appallottolarsi mostrano le spine, adottano un comportamento particolare (noto come anting) quando si trovano in presenza di sostanze a lui sconosciute. In tal caso questo piccolo mammifero riccio inizia a salivare e cospargere il corpo con la schiuma prodotta.
Può trasmettere diverse malattie zoonotiche
Infine, i ricci africani rappresentano un rischio da non sottovalutare per la trasmissione di numerose malattie zoonotiche. Le principali infezioni associate a questi piccoli mammiferi sono la Salmonella e il batterio Mycobacterium marinum, ma anche funghi, il virus della rabbia e gli Herpesvirus.
Alla luce di tutti questi elementi, non sarebbe meglio lasciare in pace i ricci africani nel loro habitat naturale?
Fonti: avanzimorivet.it/LAV
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