Domenica 20 settembre apre ufficialmente la stagione venatoria: ignorando i rischi sanitari derivanti dalla caccia e dalle prassi venatorie
Domenica 20 settembre apre ufficialmente la stagione venatoria: ignorando i rischi sanitari derivanti dalla caccia e dalle prassi venatorie (uccisione, eviscerazione, dissanguamento di animali), le doppiette ricominceranno a uccidere milioni di animali, e continueranno fino al 31 gennaio prossimo, mentre in alcune regioni proseguirà fino al 10 febbraio. Ma non solo, già ci sono i primi incidenti.
Come sappiamo, la pandemia non ha fermato neanche la caccia e anche nella Fase 2, molte regioni italiane hanno emanato provvedimenti a favore delle attività venatorie. E già in questi giorni c’erano state delle aperture anticipate e numerosi incidenti, come quello accaduto a Petrioli dove un pensionato è stato ferito, ma per fortuna non è in pericolo di vita. Secondo una prima ricostruzione, l’uomo era in campagna per una battuta di caccia, ma un collega, probabilmente scambiandolo per un animale, gli ha esploso un colpo di doppietta in viso.
Il pensionato è riuscito comunque ad arrivare al pronto soccorso e salvarsi. Ma come ogni anno, questo è solo il primo di un lungo bollettino di guerra. E quest’anno ad aggravare la situazione c’è anche tutta la questione coronavirus.
“Dal punto di vista della diffusione di preoccupanti patologie, la caccia si conferma come un’attività a elevato rischio anche in occidente – spiega Massimo Vitturi, responsabile LAV, Animali Selvatici – un motivo in più per vietarla definitivamente, anche perché si tratta di un sanguinario passatempo per una risicata minoranza di cittadini italiani”.
Parlando di rischi sanitari, l’associazione afferma che “gli ungulati, ad esempio, sono portatori di numerosi agenti patogeni che possono dare origine a diverse zoonosi (Mycobacterium bovis, Brucella, Salmonella, Trichinella), come conferma uno studio effettuato dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie nel 2016. L’attività venatoria prevede il contatto diretto delle persone con gli animali selvatici e le sanguinose prassi venatorie comuni nelle regioni della nostra penisola richiamano alla mente rischi e orrori dei wet market orientali”.
Un allarme sanitario che si va a sommare al bilancio delle vittime: circa 500 milioni di animali all’anno vittime dei fucili, con danni incalcolabili per gli equilibri ambientali e per un ecosistema che deve fare i conti con il veleno di tonnellate di piombo delle munizioni da caccia, disperso tra i boschi.
“Un vero e proprio bollettino di guerra -spiega la Lav- che nell’ultima stagione di caccia conta anche 95 vittime umane, con 27 morti e 68 feriti”.
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