Oltre quattrocento chili di morbidezza e un pennello in bocca. Il suo nome è Pigcasso, il primo maiale che, salvato dal mattatoio, si è riscoperto o meglio è stato trasformato in pittore. Mentre tutti sono impegnati nell'elogiare le tele che dipinge, opinabile o meno che piacciano, noi ci chiediamo: ma da quando è nell'etologia del maiale, dipingere?
Oltre quattrocento chili di morbidezza e un pennello in bocca. Il suo nome è Pigcasso, il primo maiale che, salvato dal mattatoio, si è riscoperto o meglio è stato trasformato in pittore. Mentre tutti sono impegnati nell’elogiare le tele che dipinge, opinabile o meno che piacciano, noi ci chiediamo: ma da quando è nell’etologia del maiale, dipingere?
Alla fine della storia, i conti non sembrano tornare. Perché salvare un maiale dal macello e poi ‘umanizzarlo’ senza motivo? Va bene, Pigcasso non è finito nel piatto, ma è finito a dipingere tele. Decine la settimana, che valgono anche duemila dollari, perché si sa, non importa se siano semplici linee di colori diversi, l’importante è avere in collezione, un dipinto fatto da un maiale, ed è la prima volta che succede.
Un maiale che probabilmente, in quello stesso momento, avrebbe preferito, rotolarsi nel fango del santuario in cui Joenne Lefson, un’attivista sudafricana per i diritti degli animali, l’ha portato da quando aveva quattro mesi. Qui vive in libertà assieme a mucche, vitelli, cani e via dicendo e probabilmente nella sua quotidianità non chiedeva altro che essere ben pasciuto.
Le cose però sono andate diversamente, perché l’attivista, dopo averlo salvato (lo ripetiamo), ha pensato bene di metterlo a dipingere perché secondo lei, il simpatico maiale, era stato attirato da pennelli, colori e tele. Una versione che ci sembra alquanto fantasiosa, considerando che i maiali non dipingono.
Eppure il povero Pigcasso da pig, in inglese maiale (anche sul nome ci sarebbe da discutere), in cambio di una ricompensa in cibo è finito per essere sfruttato per la realizzazione di una mostra inaugurata proprio in questi giorni a Città del Capo. Ma il tour toccherà anche Londra, Parigi, Berlino e Amsterdam, questo significa che il maiale partirà assieme alla proprietaria per presenziare agli eventi. Altro motivo di stress.
“Dopotutto Pigcasso lavora per mangiare, proprio come qualsiasi artista professionista”, controbatte Lefson.
Il confine su cosa debba essere inteso per benessere animale e cosa no, è sempre molto sottile. ma il dubbio che Pigcasso sia diventato una macchina da soli, è forte. Le tele vendute vanno si in beneficenza, ma proprio al santuario della proprietaria del maialino.
“Non la costringo a dipingere. Pigcasso realizza dei dipinti quando ne ha voglia. Spesso le preparo un cestino da picnic stracolmo di cibo, così può farsi una bella abbuffata mentre esprime la propria arte”, scrive la proprietaria sul sito web.
Il maiale, che in realtà è una bella e paffuta femmina, è stato addestrato esattamente come un animale da circo: bagna il pennello nel colore e poi dipinge su tela, creando delle linee e sfumature.
Siamo certi che Joanne Lefson lo abbia rispettato evitandogli la morte in mattatoio, ma adesso non lo rispetta nella sua condizione di animale, perché un maiale sfruttato, seppur pasciuto e fatto vivere in libertà, sempre schiavo rimane, voi che ne pensate?
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